
Domenica 12 gennaio – Battesimo del Signore
(Is 40,1-5.9-11; Tt 2,11-14; 3,4-7; Lc 3,15-16.21-22)
In questa domenica, che è l’ultima del tempo di Natale e la prima del Tempo Ordinario, celebriamo la festa del Battesimo di Gesù. Egli non aveva bisogno di battesimo per il perdono dei peccati, ma il suo battesimo è stata l’occasione con la quale l’Eterno Padre ha manifestato la natura divina e la particolare missione Figlio.
1. Discese lo Spirito Santo in forma corporea e venne una voce dal cielo. La voce dal cielo e la colomba manifestano che tutta la Trinità è coinvolta nella missione di Gesù. Il Padre che lo manda non lo abbandona ma lo presenta come “il Figlio mio, l’amato, nel quale ho posto il mio compiacimento”, e lo Spirito Santo che nell’occasione discende visibilmente accompagna tutta la vita di Gesù, dal momento dell’incarnazione all’inizio del ministero, dal ritiro nel deserto alla morte in croce.
È ancora lo Spirito che nel giorno di Pentecoste trasforma il cuore dei discepoli perché possano iniziare la vita della Chiesa.
2. È apparsa la grazia di Dio. Il Figlio viene per rivelare l’amore del Padre, come ci viene detto nella seconda lettura che mette insieme due brani della liturgia di Natale: “È apparsa la grazia di Dio” e “Siamo salvati per la sua misericordia”.
Dio, che è amore, è spinto dalla sua stessa natura a venire incontro agli uomini: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge” (Gal 4,4-5). La nostra salvezza è venuta soltanto per l’iniziativa di un Dio di tenerezza e di misericordia, come anche si dice nel dialogo di Gesù con Nicodemo: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16).
3. Il Figlio del compiacimento. Gesù, il Figlio amato, viene mandato dal Padre per svolgere una missione di mediazione sacerdotale tra Dio e gli uomini. Realizza questa mediazione con l’offerta della propria vita pur essendo innocente come il servo nel quale il Padre ha “posto il suo compiacimento”, e comanda ai discepoli di perpetuare la sua offerta in sua memoria.
Chiaramente l’azione resterebbe monca se non ci fossero persone abilitate a continuare questo servizio, oppure se i cristiani si limitassero a offrire il suo sacrificio senza unirvi anche il proprio. Per questo abbiamo bisogno di ministri costituiti che celebrino la Messa, e chi vi partecipa non solo vi assiste come una bella statuina e neppure perché ha “qualcosa da fare”, ma si lascia coinvolgere nell’offerta del sacrificio di Gesù con l’offerta della propria vita.
Tutto quanto facciamo deve diventare offerta fatta a Dio, secondo l’esortazione di San Paolo: “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale” (Rm 12,1).
† Alberto