
9 ottobre 1954: 70 anni fa il definitivo ritorno di Trieste all’Italia: una collocazione che non cancella lo straordinario incrocio di civiltà che la città giuliana ha sempre rappresentato

Dal 9 ottobre 1954 Trieste, è definitivamente italiana. Lo sancì un Memorandum d’Intesa firmato da Italia e Jugoslavia a Londra.
Ubicata nell’Alto Adriatico in un ampio golfo naturale, la città fondata dai romani con il nome di Tergeste ha conosciuto il succedersi di molti popoli, che entravano facilmente dai valichi del Carso. Unni, Goti, Bizantini, Longobardi e Franchi furono tra le popolazioni che la conquistarono.
Dopo il dominio veneziano, Trieste nel 1382 fu annessa agli Asburgo e vi rimase fino al 1918, al termine della I guerra mondiale. Italiana nel ventennio fascista, scoppiata la II guerra Trieste fu annessa al Terzo Reich dei nazisti, che alla Risiera di San Saba organizzarono l’unico lager in Italia.
Tito, capo della lotta partigiana degli slavi avanzò contro i nazifascisti e nel maggio 1945 portò i carri armati in città per 40 giorni, rivendicando le terre carsiche slovene fino a Gorizia.

Nel giugno dello stesso anno, un accordo con gli alleati portò la città giuliana sotto il controllo degli anglo-americani, in un clima di costante tensione, simboleggiata, il primo luglio 1946 dagli scontri e dai sabotaggi fomentati dal Fronte di Liberazione jugoslavo in occasione dell’arrivo, tra il tripudio della popolazione italiana, del Giro d’Italia in città.
Il trattato di pace di Parigi del 1947 istituì lo Stato Libero di Trieste con intorno un “fazzoletto” di terra da Duino a Città Nova di 223,3 kmq, detta zona A; l’Istria con Pola e le terre delle isole e della costa croata e dalmata, zona B di 491 kmq, passarono alla Jugoslavia, subendo il contraccolpo della rivalsa titina alla drastica italianizzazione voluta dal fascismo.
La tragedia delle foibe e l’esodo di oltre trecentomila profughi, non ben accolti in Italia, sistemati in campi profughi in condizioni minime di sopravvivenza, furono i simboli di quella stagione.
L’assetto territoriale determinato a Parigi, a causa delle grosse tensioni emerse col delinearsi della guerra fredda e della “Cortina di Ferro” che tornava a divedere l’Europa dal Baltico all’Adriatico, durò fino al Memorandum di Londra di 70 anni fa.
A Trieste nella mattina di quel giorno arrivarono picchetti d’onore di tutte le forze armate italiane con una squadra aerea e un incrociatore sul mare. Fu formata la provincia di Trieste con un Commissario generale rimasto in carica fino al 1961.
Solo nel 1975 fu firmato il trattato di Osimo che stabiliva i confini definitivi tra Italia e Jugoslavia.
Trieste città mitteleuropea tra Oriente e Occidente
Cambiare sovrani è il destino politico di Trieste come narrano i manuali di storia; una terra dai confini incerti ricostruiti nel dettagliatissimo saggio “Senza pace” di Franco Stefani. Sotto il regime fascista fu italianizzata in modo drastico.
Nel passato Trieste era stata una potenza economica con centri commerciali, industriali, cantieri navali, istituti bancari e assicurativi. L’imperatrice Maria Teresa nel Settecento aveva ristrutturato il quartiere Teresiano, ancora oggi centro vivo della città con la grande piazza dell’Unità d’Italia, i caffé letterari e il castello di Miramare che biancheggia alla punta occidentale del golfo.
Centri di ricerca scientifica e tecnologica di eccellenza attraggono oggi a Trieste ricercatori da tutto il mondo. Lo stemma di Trieste è l’alabarda, suggerisce l’identità di una città di “sole e vento” che diventa spesso la bora che cala giù da una valle carsica come vortice potentissimo. Un po’ sconosciuta e misteriosa, dà impressione di grandezza e modestia, conserva una sua dimensione di città imperiale, elegante ed aristocratica, Trieste mantiene la sua identità di città di frontiera tra Oriente e Occidente, riservata, col suo dialetto che chiama “mule” le sue belle ragazze.
Scrittori contemporanei di fama quali Fulvio Tomizza e Claudio Magris colgono “l’interiore” della città che non è per niente una piccola città provinciale, ma centro cosmopolita in cui si sono integrati popoli di distanti lingue, etnie, religioni.
Diverse le culture che l’anno plasmata: mitteleuropea tedesca, boema, slava-balcanica con elementi islamici dei bosniaci, italiana-veneziana di tradizione occidentale su base greco-romana e con forti presenze ebraiche.
Le chiese cattoliche poco distanti da quella ortodossa e dalla sinagoga sono la testimonianza di questa città di confine per secoli rimasta punto di contatto tra civiltà diverse.
Tanta varietà di patrimoni antropologici e culturali ha “prodotto” una buona qualità di vita privata e di cultura individuale a testimonianza del fatto che integrare anziché rinchiudersi nel proprio “orticello” fa bene a se stessi e a tutta la società, come osservano amici profughi triestini con cui chi scrive ha consolidate relazioni personali.
Si avverte girando in città che i triestini sono buoni custodi di sentimenti di amicizia e di coerenza nati e mantenuti nonostante tanti incroci e passaggi di poteri. (mlsb)
(Maria Luisa Simoncelli Bianchi)