
A Benevento l’importante appuntamento organizzato dalla Cei e a cui ha partecipato anche il vescovo diocesano fra’ Mario

“Le Aree interne costituiscono la parte consistente e fragile di tutto il Paese pur custodendo esse potenzialità straordinarie. In un tempo in cui la distanza relazionale crea vere e proprie disconnessioni umane e lo spazio, quello verde soprattutto, va rarefacendosi, queste vaste porzioni di territorio, dotate di paesaggio e di un ricco patrimonio storico-artistico ed enogastronomico, dove le relazioni umane sono vissute in modo autentico, si rivelano infatti di una ricchezza sorprendente anche allo sguardo più distratto”.
Si esprimono in questi termini i vescovi italiani nel comunicato finale del convegno sulle Aree Interne che si è svolto a Benevento il 16 e 17 luglio.
I vescovi sottolineano come sia “compito primario della politica, con il concorso dei corpi intermedi, elaborare un piano globale per valorizzare tale risorsa. Peraltro, trascurare la questione delle aree interne, che attraversa per intero il Paese, da nord a sud, rischia di ledere i fondamentali diritti sanciti dalla Costituzione e di allargare il fossato tra zone ricche e zone povere”.

“Sono questi i luoghi – come ha detto il Presidente della CEI, il card. Matteo Zuppi – che hanno la forza di essere comunità, luoghi dove i legami si rinsaldano e ci si ritrova”. Perciò, ha aggiunto, “è necessario partire dalle ‘periferie’, espressione felice di Papa Francesco, per capire anche tutto il resto. Il centro, infatti, si capisce dalle periferie”.
Anche quest’anno il nostro vescovo diocesano, fra’ Mario Vaccari, ha voluto partecipare al convegno, momento di verifica e di riflessione, anche in relazione alla riorganizzazione del territorio diocesano e in particolare alle otto Unità pastorali, coinvolgendo territori e parrocchie della Lunigiana alla Costa.
“Per me – ha detto mons. Vaccari – si è trattato della terza edizione di questa iniziativa dei vescovi italiani, accompagnato da don Piero Albanesi in qualità di vicario per le entità territoriali. Per la Chiesa italiana è un prendersi a cuore le situazioni che riguardano le ’aree interne’ del Paese, caratterizzate certamente dallo spopolamento, dall’affievolirsi delle tradizioni, dalle difficoltà a garantire i servizi essenziali, ma per ribadire una presenza che evangelizza, non fosse altro per non far sentire abbandonate quelle popolazioni che già versano in condizioni non facili. Si tratta allora di una sfida che la Chiesa italiana ha preso a cuore, che non significa solo mettere mano all’impianto e l’organizzazione parrocchiale, ne tanto meno operare una riformulazione efficentista delle strutture, ma quello che occorre fare è attivare un processo di conversione, di riforma della Chiesa”.
Ma da dove partire?

“Anzitutto è il concetto di parrocchia che deve essere rinnovato – spiega il vescovo – partendo dal concetto di pieve, come centro di irradiazione della proposta cristiana sul territorio. In secondo luogo pensiamo al ministero ordinato che deve mutare il suo aspetto monocratico in un servizio più condiviso, dove bussola è la corresponsabilità tra sacerdoti e laici. In questo senso mi piace parlare di ‘sinfonia dei ministeri battesimali’ che non sono solo i ministeri istituiti, ma sono quei servizi più concreti di cui le piccole comunità parrocchiali hanno bisogno”.
“È l’annuncio del Vangelo, con le sue forme pratiche, che deve guidare la riforma della pratica di Chiesa – ha sottolineato mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara – Vangelo e Chiesa s’appartengano, ma sono le nuove possibilità con cui si pensa l’annuncio che plasmano le forme diverse con cui lo si accoglie in una comunità credente testimone nel mondo”.

“Negli ultimi tre anni di questo convegno di Benevento – ha evidenziato mons. Vaccari – grazie agli interventi principali dei vescovi mons. Crociata, mons. Repole e quest’anno mons. Brambilla, abbiamo capito come riflettere sulle Aree interne significhi progettare una nuova immagine di Chiesa, che deve nascere non solo da coloro che detengono i ministeri ordinati, ma soprattutto da tutti i battezzati e coloro che abitano e vivono queste zone. La parrocchia allora può essere ripensata dall’essere un centro verso il quale tutti convergono, ma come una comunità di comunità”.
“Come ha sottolineato mons. Brambilla nel suo intervento – continua il nostro vescovo diocesano – il criterio della distinzione tra ‘piccole comunità’ e o ‘Chiesa di Unità pastorale’ va ricercato proprio nelle azioni pastorali che si possono realizzare nell’uno e nell’altro spazio”.

“Di norma – spiega – la ‘Chiesa di Unità pastorale’ avrà i quattro pilastri della vita cristiana ed ecclesiale: la celebrazione dell’Eucaristia domenicale e le feste più importanti dell’anno, la vita liturgica dei giorni feriali (messa, liturgia delle ore, matrimoni, funerali, lectio divina, adorazione, ecc.); l’iniziazione cristiana per ragazzi, adolescenti e giovani, i percorsi di preparazione al matrimonio cristiano, la catechesi per adulti e anziani; il luogo di incontro dei nuovi ministeri. Mentre nelle ‘piccole comunità’ si dovranno collocare i gesti della pietà popolare (rosario, via crucis, adorazione, liturgia delle ore…), della lectio o preghiera liturgica guidata dal lettore o dal diacono, della comunione portata dai ministri straordinari della comunione con la regia di un accolito istituito, da piccoli gruppi del Vangelo e animatori di iniziative culturali che possano essere sapientemente distribuite nei vari nodi del territorio per queste azioni pastorali per storia, luogo o persone. C’è poi il grande tema delle celebrazioni, che non vanno ne moltiplicate, né sostituite con la liturgia della Parola”. “In altri termini – conclude mons. Vaccari – rinnovare la pastorale delle Aree Interne porterà una Chiesa più vicina agli insegnamenti del Concilio Vaticano II, dove l’accento è messo sul popolo di Dio che pur essendo uno è composto da numerosi carismi. D’altra parte se essere Chiesa significa accogliere nella propria vita il Vangelo e trasmetterlo agli altri perché possano partecipare entrando nella comunità e vivendo della comunione, le Aree Interne rappresentano una risorsa per riscoprirsi popolo di Dio che cammina nella storia”.