Sulla strage di Bologna tutti d’accordo, anzi no!
Strage alla stazione di Bologna, 2 agosto 1980

Non si fermano nemmeno in estate le polemiche per qualche dichiarazione sopra le righe di esponenti della maggioranza; nei giorni scorsi, l’occasione è stata offerta dalla commemorazione della strage di Bologna, sulla quale non è ancora stata fatta piena luce ma di cui, almeno fino a ieri sembrava che il tribunale avesse accertato al di là di ogni ragionevole dubbio gli autori materiali e i mandanti.
Una strage neofascista nella quale ebbero un ruolo attivo la loggia massonica P2 di Licio Gelli e i servizi segreti militari. Scopo: minare, con varie complicità istituzionali, la democrazia e instaurare un regime autoritario nel nostro Paese.
“Sembrava” perché a ridosso della ricorrenza – 2 agosto – Marcello de Angelis, responsabile della comunicazione Istituzionale della Regione Lazio, ha rilasciato un post su fecebook nel quale sostiene che “chiunque abbia un’intelligenza media e un minimo di onestà intellettuale [sa] che Fioravanti, Mambro e Ciavardini non c’entrano nulla con la strage. Non è un’opinione: io lo so con assoluta certezza”.
E rincara parlando di verità e giustizia “che ogni anno vengono conculcate persino dalle massime autorità dello Stato”, aggiungendo: “Dire chi è responsabile non spetta a me anche se ritengo di avere le idee chiarissime in merito nonché su chi, da più di 40 anni, sia responsabile dei depistaggi”.
Un caso politico non da poco, se si pensa che su questi argomenti si era espresso ancora una volta Mattarella – “La matrice neofascista della strage è stata accertata nei processi e sono venute alla luce coperture e ignobili depistaggi” – e, per una volta in modo netto, il presidente del Senato La Russa: “Va doverosamente ricordata la definitiva verità giudiziaria che ha attribuito alla matrice neofascista la responsabilità di questa strage”.
Meno perentoria Giorgia Meloni, che ancora una volta non ha voluto o saputo pronunciare quella parola che tutti le chiedono di esprimere.
Attorno al fatto si è subito concentrata l’attenzione della politica, con le opposizioni compatte nel chiedere le dimissioni di De Angelis e la maggioranza che ha provato a giustificare, almeno in parte, tali inopportuni pronunciamenti.
Sulle prime, De Angelis ha tenuto la posizione, dicendosi disposto a fare la fine di Giordano Bruno (sic!) e dei martiri cristiani (impossibile non mettere un altro sic!) nel nome di una verità che, afferma, tutti sanno: “giornalisti, magistrati e cariche istituzionali… E se io dico la verità, loro – ahimè – mentono”.
Poi ha chiesto scusa, in particolare a La Russa, che a molti era parso il primo obiettivo delle sue accuse. C’è stato un incontro con il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, che ha riconosciuto che De Angelis ha commesso “un errore madornale” ma “ha parlato in termini personali”.
Di conseguenza, resterebbe al suo posto, nonostante diverse richieste contrarie anche da parte di esponenti della sua maggioranza. Una ulteriore dimostrazione dell’incapacità di distinguere tra difesa di posizioni di bandiera (che tutti fanno) e quella di errori personali che, all’analisi dei fatti, appaiono indifendibili.