

L’idea nacque dieci anni fa e da allora Roberto Bolleri con tanti collaboratori si adopera con amorosa cura per realizzare l’Almanacco di Mignegno in elegante forma editoriale e con belle immagini. Nella presentazione scrive che ricordare personaggi, luoghi e tradizioni è fare tesoro dell’esperienza passata per organizzare il futuro. Un suo ricordo “luminoso” lo dedica ad Anna Mori di Filattiera, venditrice ambulante.
Le famiglie più in vista in paese nel Sei e Settecento, menzionate in un fascicolo dell’archivio parrocchiale, commentato da Luciano Bertocchi, portano cognome Francesconi, Pinotti, Gasperini, Restori, Curadi, Leoncini. La Cronaca compilata dal parroco don Alfredo Cressano ricorda l’uccisione di due partigiani il 13 giugno 1943, la cattura di un giovane preso in ostaggio e liberato per intervento suo: uno dei tanti fatti della Resistenza in Lunigiana.
Rivendicazioni salariali trovarono eco accesa nel giornale socialista “La Terra”, un articolo del 17 febbraio 1907 riporta notizie e nomi della storia non facile del giornale. Di una visita pastorale del 1768 dà notizia M.Teresa Romiti: emerge che Mignegno ha 78 anime, c’è povertà, poca è la diligenza nell’insegnamento della dottrina e nelle prediche, i parroci curano troppo affari di censo.
Poesie in dialetto ispirano Daniele Campodonico, sul modello della favolistica classica, a fare riflessioni morali dando la parola agli animali. Sue anche le pagine del ricordo dei gioiosi incontri alla fonte del Mulino raccolta nei fiaschi rivestiti di vimini intrecciati dal padre, ritrovato è anche il tempo di amori che nascevano, seri o estivi: un paese come una famiglia.
Giovanna Corsini rivisita nella memoria l’infanzia sua: il gioco si associava a piccoli lavoretti: raspare i vimini da intreccio, lavare i panni nel Magriola o nel biedale al Mulino, consegnare il latte a domicilio e la paura del buio. Ricompensa il gelato portato su un carretto.
A Paolo Lapi il suo “mestiere” di agiografo, studioso dei Santi, qui per forza San Terenziano: il quadro del suo martirio in chiesa parrocchiale in realtà raffigura il martirio dei “Quattro Santi Coronati”.
Carla Corsini ha composto due pagine sul castagno,usato già dai Romani, diventato “albero del pane” dal Medioevo al nostro dopoguerra. Il dopocena radunava la famiglia attorno ad un focolare vero, non quello fittizio davanti al televisore, c’erano favole e la preghiera del Rosario con fiducia nell’aiuto divino nell’affrontare la vita e vederla in rapporto naturale con la morte. Oggi invece la morte è “lontana da ogni trascendenza e dunque senza senso”: questa conclusione desolata può essere smentita col dare spazio dentro di noi al Presepe vivente.
(m.l.s.)