“Il Sinodo ci insegni ad ascoltare coloro che di solito non ascoltiamo”

Terra Santa. L’omelia di mons. Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, alla messa del 1° dell’anno

Il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Pizzaballa, in un recente incontro con Papa Francesco. (Foto Vatican Media/SIR)

“Vorrei tanto che il 2022 fosse un anno di ripresa della vita della Chiesa. Dopo un lungo periodo di instabilità dovuto alla pandemia, che ha fermato non poche nostre iniziative, vorrei che senza paura riprendessimo le nostre attività, ricominciassimo a progettare non tanto nuove sale parrocchiali o ristrutturazioni di chiese e centri comunitari, ma iniziative di annuncio, di condivisione, di vita comunitaria”.
Nella sua omelia della messa del 1° gennaio, celebrata a Gerusalemme, il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Pierbattista Pizzaballa, ha gettato lo sguardo alla diocesi patriarcale tratteggiandone le prospettive pastorali future, a partire dal Sinodo. “Siamo nel cammino sinodale voluto da Papa Francesco, che forse non tutti hanno compreso, ma che ha comunque il potenziale per fare della Chiesa un luogo dove riprendere con forza il cammino incontro al Signore”, ha ricordato il patriarca, sottolineando come questo itinerario sia incentrato sull’ascolto.
“Credo che dobbiamo imparare ad ascoltarci di più. Ascoltare è più che sentire. Significa fare posto alla vita dell’altro dentro di sé, cercare di mettersi nella sua situazione. Ascoltare è un modo di essere, un atteggiamento, uno stile di vita. Spero – ha affermato Pizzaballa – che questo piccolo Sinodo ci insegni almeno ad ascoltarci gli uni gli altri, ad ascoltare le Scritture, ad ascoltare lo Spirito che abbiamo ricevuto e che non cessa di parlarci. In modo speciale siamo invitati ad uscire dai nostri usuali contesti, ascoltare coloro che di solito non ascoltiamo: le donne, gli emarginati, quei cristiani che si sono allontanati… e i giovani! Abbiamo il dovere speciale di ascoltare le nuove generazioni, anche loro hanno sogni che possono aprire orizzonti. Questi sogni possono mostrare nuove strade da percorrere, condurci verso Cristo, gli altri, il mondo che ci circonda”.
“Ravvivare l’arte della catechesi e la formazione spirituale, sviluppare un rapporto più familiare con la Parola di Dio. Viviamo nella Terra Santa, che custodisce i Luoghi più Santi al mondo, noi però non sempre li conosciamo bene – ha detto il Patriarca rivolgendosi ai cristiani della comunità da lui guidata – In questo periodo in cui i pellegrini non possono venire, possiamo organizzare noi pellegrinaggi per incontrare l’umanità di Gesù, nella nostra Terra e nei nostri Luoghi Santi e fare belle e forti esperienze di fede. Non sono sicuro che tutti i nostri fedeli conoscano a fondo i Luoghi Santi o abbiano mai fatto un pellegrinaggio nella loro Terra Santa”.
Ha quindi lanciato un monito: “Non dobbiamo lamentarci sempre, rinchiuderci nelle nostre difficoltà. Sento di dover dire che siamo troppo spesso negativi su tutto, mentre l’incontro con il Signore, nonostante le difficoltà, ci apre alla vita e alla gioia. È vero, siamo stanchi della situazione del mondo e spesso anche della Chiesa, logorati dai travagli della Terra Santa e di tutta la nostra regione”. Questo tempo, però, ha aggiunto, “nonostante tutto ci invita a rompere gli indugi e a camminare a grandi passi verso Colui che ci aspetta sulla via, che ci conduce alla vita. E dobbiamo superare la preoccupazione dei numeri, il desiderio di vedere immediatamente i risultati per le nostre azioni e iniziative: occorre avere la fiducia e la pazienza del seminatore”. Importante per Pizzaballa è “rafforzare i vincoli di comunione tra noi. Non fare gruppi chiusi per allearci contro qualcuno. Spesso parliamo dell’unione tra noi, tra le nostre Chiese, come di una necessità per affrontare le difficoltà esterne o gli eventuali nemici… Non può bastare questo. La comunione è coscienza di appartenenza, di un dono ricevuto, dove uno è parte dell’altro e l’altro parte di sé. La comunione tra noi ci dà la fiducia necessaria per aprirci ai nostri fratelli e sorelle cristiani che non sono cattolici, ma anche ai nostri vicini musulmani ed ebrei”. (D.R. – Agensir)