P. Bruno Pennacchini: “Speriamo di incontrare Abramo nella nostra vita”

Serra Club: a Pontremoli il premio “Penna dello Spirito”

P. Bruno Pennacchini premiato a Pontremoli da Patrizia Rossi e Paola Poli

“Credevo di credere”, libro di Bruno Pennacchini (frate minore, docente all’Istituto Teologico di Assisi, alla Pontificia Università Urbaniana di Roma e allo Studio Biblico di Gerusalemme) riguarda ciascuno di noi. Perché ognuno di noi, prima o dopo, ha dovuto fare i conti con la forza della propria Fede. Però “Credevo di credere” è forse rivolto più a chi è convinto di credere, rispetto a chi si è messo in discussione.
Il pomeriggio di sabato 13 novembre padre Bruno è stato premiato dalla Biblioteca Nazionale “Junipero Serra”, in collaborazione con il Serra Club Pontremoli Lunigiana, nell’ambito del Premio Letterario Serrano “Penna dello Spirito”, alla sua XV edizione, nel salone del Vescovado di Pontremoli. L’evento, condotto dalla presidente della Biblioteca Patrizia Rossi, ha visto la partecipazione dei due past-presidenti Enrico Mori e Dino Viti e l’intervento della vicesindaco Clara Cavellini, in rappresentanza del sindaco Jacopo Ferri, la quale ha ricordato soprattutto lo stretto legame tra Pontremoli e San Francesco. La neoeletta presidente nazionale del Serra Club Italia, Paola Poli, ha sottolineato quanto sia importante la lettura e la cultura, mentre la Governatrice del distretto 71, Elena Baroncelli, ha posto l’attenzione sulla copertina del libro, su quella “barchetta, che siamo noi, nel nostro mare di fragilità”.
È stata Patrizia Rossi ad introdurre padre Bruno e presentarne il libro: “credevo di credere – ha detto riprendendo l’incipit del libro – ma in realtà non credevo; credevo di amare, ma in realtà non sapevo cosa fosse l’amore; credevo di vivere, ma in realtà stavo solo consumando i miei giorni”.
“Argomenti profondi – ha continuato – esposti con un linguaggio semplice che arriva a ciascuno di noi. C’è bisogno di aiutare il lettore in un percorso per ritrovare la Fede e a leggere la propria storia alla luce di questo percorso”.
Padre Bruno, dopo una breve parentesi sulla storia editoriale della pubblicazione (“ho litigato con l’editore per la copertina. Il libro nasce dalle mie predicazioni, trascritte dalle Clarisse, che circolavano tra i frati. Erano talmente tante che le abbiamo stampate”), ha raccontato di come il titolo derivi da alcune parole ascoltate alla radio: “ho capito che il credente non è uno che è convinto di credere, conosciamo qualcuno in grado di spiegare da dove deriva la parola interiore che lo rassicura di non sbagliarsi?”.
“Nessuno ha mai sentito parlare Dio – ha continuato – nemmeno Abramo, che però era sicuro di averlo sentito”. Nel libro padre Bruno si sofferma infatti sul racconto biblico della storia di Abramo e spiega come abbia creduto alla voce, nella sua interiorità, che gli prometteva un figlio e una terra.
“Il figlio non arrivò subito e Abramo si chiese se la voce fosse autentica”. Dopo aver avuto un figlio da una schiava e aver compreso che quel neonato non era quello a cui Dio si riferiva, tre pellegrini annunciano ad Abramo e Sara la futura nascita di un bambino, Isacco, che vedrà la luce l’anno successivo. “Dio non interviene subito e l’attesa è sempre una fatica – spiega padre Bruno Pennacchini – ma non poteva fermarsi: doveva sacrificare Isacco”.
E precisa che “Abramo crede che Dio possa resuscitare il figlio ucciso e quando l’angelo blocca il braccio con cui avrebbe compiuto il sacrificio, egli capisce ed è sicuro di non essere stato ingannato”. Dunque Abramo è “simbolo di Fede – conclude l’autore – e dobbiamo domandarci se c’è qualcosa, nella nostra storia, che assomiglia a quella di Abramo. La Fede non è un’idea, ma un incontro. Speriamo di riuscire a incontrare Abramo nella nostra vita”.

Andrea Mori