Ha suscitato grande rumore il libro di Benedetto XVI e del card. Sarah pubblicato in Francia
Da tempo i “conservatori”, all’interno della Chiesa, stanno contestando il ruolo di Papa Francesco fino ad arrivare, nelle frange più estreme, a ritenerlo illegittimo. Per questo ha destato grande stupore, in coloro che amano Papa Francesco, e nel contempo soddisfazione non celata tra i suoi denigratori, la pubblicazione di un libro – “Dal profondo del nostro cuore” – scritto a quattro mani dal Papa emerito Benedetto XVI e dal card. Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti.
L’argomento è il celibato sacerdotale: oggi tema di grande attualità, alla luce del calo di vocazioni ma anche dopo il Sinodo per l’Amazzonia, nel quale si è prospettata l’ipotesi di ordinare sacerdoti i diaconi permanenti, sposati, di provata fede e coerenza di vita.
Nella premessa gli autori pongono come obiettivo la ricerca della verità in uno “spirito di amore per l’unità della Chiesa” e in “filiale obbedienza a papa Francesco”. “C’è un legame ontologico-sacramentale tra celibato e sacerdozio – scrive Sarah –. Qualsiasi indebolimento di questo legame metterebbe in discussione il magistero del Concilio e dei papi Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. “La possibilità di ordinare uomini sposati” creerebbe “una catastrofe pastorale, una confusione ecclesiologica e un oscuramento della comprensione del sacerdozio”.
Da parte sua il Papa emerito sottolinea che sacerdozio e celibato sono uniti sin dall’inizio della nuova alleanza tra Dio e l’umanità realizzata in Gesù: “dalla celebrazione quotidiana dell’Eucaristia, che implica uno stato permanente di servizio a Dio, sorse spontaneamente l’impossibilità di un legame coniugale… si può dire che l’astinenza sessuale funzionale si sia trasformata in astinenza ontologica”. La Chiesa, ricorda Benedetto XVI, “ha sempre considerato il matrimonio come un dono concesso da Dio dal paradiso terrestre. Tuttavia, lo stato civile riguarda l’uomo nel suo insieme e poiché il servizio del Signore richiede anche il dono totale dell’uomo, non sembra possibile raggiungere entrambe le vocazioni contemporaneamente”.
Sul celibato papa Francesco è intervenuto più volte in situazioni diverse. Nel libro-conversazione col rabbino Skora si dichiarava favorevole al celibato “con tutti i pro e i contro che comporta, perché sono dieci secoli di esperienze positive più che di errori”. Con i giornalisti nel volo di ritorno da Panama: “Mi viene in mente quella frase di S. Paolo VI: ‘Preferisco dare la vita prima di cambiare la legge del celibato’… personalmente penso che il celibato sia un dono per la Chiesa… Io non sono d’accordo di permettere il celibato opzionale”.
È bene ricordare che il celibato ecclesiastico non è un dogma, è una disciplina ecclesiastica della Chiesa latina dove è divenuto obbligatorio attorno all’anno Mille. Nella Chiesa ortodossa non è obbligatorio; in alcune Chiese cattoliche di rito orientale, presenti anche in Italia, ci sono sacerdoti sposati.
Lo stesso Benedetto XVI nella Costituzione apostolica “Anglicanorum coetibus”, dedicata ai pastori anglicani che chiedono di entrare in comunione con la Chiesa cattolica, si prevede di “ammettere caso per caso all’Ordine Sacro del presbiterato anche uomini coniugati, secondo i criteri oggettivi approvati dalla Santa sede”. Non pare che ne siano seguite catastrofi né grandi confusioni o oscuramenti. Il problema forse sta da qualche altra parte e il celibato rischia di essere un pretesto. Se si va nei “posti lontanissimi” con gravi “necessità pastorali”, si sa che già oggi ci sono diaconi permanenti pienamente attivi e religiose che offrono enormi servizi di catechesi e di amministrazione di sacramenti.
Non si può pensare alla Chiesa come se fosse racchiusa nel proprio villaggio, è universale, con tutto quello che la diversità comporta.
È proprio così scandaloso, allora, che i vescovi dell’Amazzonia propongano di “ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti della comunità, che abbiano un diaconato permanente fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato, potendo avere una famiglia legittimamente costituita e stabile, per sostenere la vita della comunità cristiana attraverso la predicazione della parola e la celebrazione dei sacramenti nelle zone più remote della regione amazzonica”?.
Perché ciò che è concesso ad altri non può essere concesso ai disperati dell’Amazzonia? Perché al momento della “Anglicanorum coetibus” non si è alzata nessuna voce contro il provvedimento?
Giovanni Barbieri