Donald Trump e Kim Jong-un: una stretta di mano per un futuro di pace

Documento comune contro il nucleare firmato a Singapore

24Trump_Kim1Hanno fatto il giro del mondo in pochi minuti le immagini che ritraevano Donald Trump e Kim Jong-un l’uno al fianco dell’altro e, soprattutto, nell’atto di scambiarsi una stretta di mano, durata, per gli amanti delle curiosità storiche, più di 10 secondi.
Tutto si può dire ma non che questo incontro non debba essere catalogato nella hit parade degli avvenimenti storici, all’altezza di tanti altri che hanno sbriciolato ostacoli che fino a poco prima apparivano insormontabili. Tanto più se si pensa che questa divisione – di fatto l’ultima ancora in vita tra quelle nate nel secondo dopo guerra – era in atto da 70 anni.
Dopo la politica del ping-pong, che segnò mutamenti decisivi nei rapporti tra Usa e Cina ai tempi di Nixon, siamo ora alla diplomazia personale. Uno stile più consono ai due leader di America e Nord Corea: impulsivi, determinati a mantenere alta l’attenzione sulle loro persone.
Kim Jong-un vuole anche un riconoscimento internazionale che lo tolga da quello stato di isolamento che mal s’addice ai tempi attuali; Trump deve conferm24Trump_Kimare la sua immagine di “uomo solo al comando”, che pensa prima di tutto – sarebbe meglio dire soltanto – a difendere il ruolo di superpotenza del suo Paese.
In questo contesto c’è posto anche per l’avvio di un serio processo di pace? Sarà solo il futuro a dirlo, ma crediamo che ogni gesto orientato in tal senso debba essere apprezzato al di là della personalità più o meno contorta dell’autore.
Di fatto, i due hanno fissato in un documento comune il processo di de-nuclearizzazione della Corea del Nord, con l’impegno di “lavorare verso la completa denuclearizzazione della penisola coreana… per costruire una pace duratura e stabile”. Tutto ciò dovrebbe costituire l’avvio di nuove relazioni tra i due Paesi.
A dare una mano contribuirà – ne siamo convinti – la novena di preghiera che i vescovi cattolici di Corea hanno lanciato dal 17 al 25 giugno con intenzioni diverse per ogni giorno: per la guarigione della separazione del popolo coreano, per le famiglie separate a causa della guerra coreana, per i politici del Sud e del Nord, per l’evangelizzazione del Nord…
24vignettaAl termine del faccia a faccia durato una quarantina di minuti, Kim ha espresso la sua “gratitudine al presidente Trump, per avere reso possibile tutto questo”. Trump, da parte sua, ha dichiarato di essere pronto a invitare Kim alla Casa Bianca.
A dire il vero, nei giorni precedenti il summit, le cose non erano andate nel migliore dei modi in particolare per Trump. Nel corso del G7 in Canada, infatti, l’ineffabile presidente Usa prima ha chiesto di riammettere la Russia al G8, poi ha lasciato in anticipo i lavori per volare a Singapore, infine ha ritirato l’appoggio al comunicato congiunto finale.
Da qui al timore dell’innesco di una grave crisi nei rapporti tra Usa e Paesi storicamente alleati la strada è breve, anche perché Trump dà l’impressione di voler trattare separatamente con i singoli Paesi europei, più che con l’istituzione sovranazionale. “Divide et impera” ricorda qualcosa?
Un altro fatto che può far pensare, pur trattandosi di una questione all’apparenza “minore”, è la notizia dell’abbandono della squadra di calcio dell’Iran, che si appresta a disputare i prossimi Mondiali, da parte dello sponsor americano – Nike – delle scarpe indossate dai giocatori.
Diverse volte lo sport ha dimostrato la sua importanza nella definizione dei rapporti internazionali: se così è, nuove minacce allo stato di pace potrebbero nascere per effetto delle sanzioni decise da Trump nei confronti di Teheran.