
Domenica 16 marzo – II di Quaresima
(Gen 15,5-12.17-18; Fil 3,17-4,1; Lc 9,28-36)
Tra due annunzi della passione e in un momento di preghiera estatica San Luca colloca l’episodio della Trasfigurazione, raccontato nei tre vangeli sinottici e caratteristico della seconda domenica di Quaresima.
1. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto. L’avvenimento mistico che avviene durante la preghiera rivela la superiorità di Gesù su tutti i personaggi del Primo Testamento, compresi Mosè ed Elia; anzi sono proprio loro, i rappresentanti della Legge e dei Profeti, che gli rendono testimonianza e parlano con lui della sua morte.
Lo splendore della visione è accattivante per i discepoli, come sono sempre fonte di gioia gli incontri con Gesù che leggiamo nei vangeli: Andrea pieno di gioia esclama: “Abbiamo trovato il Messia!”; Zaccheo riempie la casa di gioia quando è chiamato per nome da Gesù; la peccatrice accettata e perdonata ritrova la serenità; i pastori e Magi provano una grande gioia nel contemplare un piccolo bambino; la sera di Pasqua “i discepoli gioirono al vedere il Signore”.
È possibile provare la gioia di contemplare il volto del Signore perché Dio si è manifestato nella nostra condizione mortale: “Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, è lui che lo ha rivelato” (Gv 1,18); “Il Verbo della vita si manifestò e noi l’abbiamo veduto” (1Gv 1,2).
L’esperienza religiosa è incontro tra due mendicanti che si cercano reciprocamente, come dice la sequenza di Tommaso da Celano: “Nel cercarmi ti sei seduto, perché eri stanco” (Quӕrens me sedisti lassus).
2. Quando si svegliarono, videro la sua gloria. La gioia e l’abbaglio, con la possibilità di restare in quella beatitudine, durano solo un momento, ma non sono annullati, sono solo rimandati.
I discepoli devono scendere dal monte, riprendere il cammino faticoso e doloroso, fino alla passione di Gesù e fino alla loro propria passione. Poi la gioia sarà definitiva: “Siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele” (Mt 19,28).
3. Una nube li coprì con la sua ombra. Nel Primo Testamento l’ombra di Dio è il segno della sua presenza che guida e protegge Israele nel deserto. Anche nei salmi ricorre spesso questa immagine: “Il Signore è il tuo custode, il Signore è la tua ombra e sta alla tua destra” (Sal 121,5 e par.). Scesi a valle, dopo aver assistito alla passione del Signore, i discepoli svolgeranno la loro missione con “grande dolore e sofferenza continua” (Rm 9,2), ma si sentiranno sempre sotto la protezione di Dio che li accompagna con la sua ombra.
Dice ancora San Paolo: “Mi compiaccio nelle mie debolezze, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte” (2Cor 12,10). Purtroppo in casa di nessuno manca la sofferenza, e neppure troviamo per essa una spiegazione, però preghiamo il Signore che ci “liberi dal male” e ringraziamolo sempre per la sua protezione e per le gioie che troviamo.
† Alberto