
Nasceva 550 anni fa, il 6 marzo 1475, nella piccola comunità aretina di Caprese. Ripetuti e anche lunghi i suoi soggiorni a Carrara per procurarsi il marmo

(Foto da Wikipedia)
Cinquecento anni fa, nel 1525, Michelangelo Buonarroti era al lavoro sul blocco di marmo che sarebbe diventato il Crepuscolo, una delle figure che, con l’Aurora, adorna la tomba di Lorenzo de’ Medici duca di Urbino, nipote del “Magnifico”.
Il grande Maestro del Rinascimento aveva cinquant’anni: un’età avanzata per l’epoca, ma non per lui che ancora quattro decenni dopo, alla vigilia della morte, si sarebbe cimentato nel faticoso esercizio della scultura di un’ultima Pietà.
Ricorrono in questi giorni i 550 anni dalla nascita, avvenuta nella comunità aretina di Caprese il 6 marzo 1475, primo manifestarsi di una delle più grandi figure del genio umano.
E con la nostra terra apuana Michelangelo ha avuto un rapporto particolare, perché solo qui, nelle cave di Carrara, ha trovato quella materia preziosa dalla quale estrarre capolavori di una bellezza ineguagliabile.

(Foto da Wikipedia)
Difficile pensare che mai “prima volta” possa essere stata più felice come la sua nelle cave apuane in quel mese di novembre del 1497. Michelangelo era uno scultore molto giovane, eppure già noto ed apprezzato, a tal punto da aver ricevuto da un importante prelato francese – Jean Bilhères de Lagraulas, ambasciatore del re di Francia Carlo VIII di Valois presso il Papa, Alessandro VI – l’incarico di realizzare una “Pietà” per la chiesa di Santa Petronilla, in seguito inglobata nella basilica di San Pietro.
Il cardinale sarebbe morto il 6 agosto 1499 senza vedere ultimata l’opera che forse aveva pensato per la propria tomba; ma la sua committenza ha regalato al mondo uno dei più grandi capolavori dell’arte.
A Carrara era arrivato a cavallo, così come avrebbe fatto anche in seguito; prima i contatti con i cavatori, poi i sopralluoghi in alcune cave per toccare con mano quella materia che tanto lo affascina, infine la scelta di quella del cavatore Matteo Cuccarello con il quale si accorda per la fornitura del blocco.
Questa prima è una permanenza breve, di poche settimane: a fine dicembre, infatti, la sua presenza è testimoniata a Firenze. Ma deve essere stata un’esperienza straordinaria, un amore a prima vista con quell’ambiente, quelle persone, con quel marmo non per nulla chiamato “statuario”.

In verità quel primo blocco scelto sulle Apuane avrebbe evidenziato anche tutte le difficoltà, logistiche e politiche, nello ottenere il marmo da Carrara. Il blocco per la Pietà, infatti, viene cavato a tempo di record e in breve trasportato alla marina per essere imbarcato alla volta di Roma.
Forse la nuova gabella imposta dal marchese Malaspina sulle esportazioni di marmo aveva infatti fermato le operazioni di carico e di spedizione, sta di fatto che il tanto sospirato marmo solo nel mese di agosto sarebbe infine arrivato a Roma! Dove, peraltro, già prima che Michelangelo si metta al lavoro si dice che quella “sarà la più bella opera di marmo di Roma”.
In quegli anni arrivare a Carrara non era semplice, eppure Michelangelo vi sarebbe tornato più volte: troppo importante per lui scrutare le cave alla ricerca del blocco perfetto, quello dentro il quale era la “sua” statua e che solo lui avrebbe saputo “liberare” del superfluo ed esporla all’ammirazione del pubblico.

Ecco che torna una seconda volta nel 1503, e una terza nella primavera del 1505: il lavoro cresce, i committenti fanno a gara per garantirsi le sue prestazioni artistiche, eppure Michelangelo resta a Carrara per ben otto mesi. Un tempo infinito, non giustificabile solo dalla necessità di procurarsi una grande quantità di blocchi di marmo per la tomba di Giulio II che il Papa in persona gli aveva commissionato.
La sua attenzione nella scelta della materia è rimasta fissata nei contratti con gli scalpellini. I marmi devono essere bianchi, senza “peli” – quelle microfratture che potrebbero compromettere la realizzazione dell’opera – “vivi e non cotti” e ancora “bianchi, netti e belli”.
E torna ancora, anche se la presenza di Michelangelo a Carrara negli anni seguenti non sempre è certa; lo è senza dubbio nel 1516: arriva il 5 settembre, si ferma qualche settimana, paga alcuni fornitori, discute con altri, ha veri e propri screzi con altri ancora derivanti dal suo forte carattere e dall’ansia di avere ciò che chiede.
Obbligato dal Papa ad estrarre marmi dalle cave medicee che si vogliono aprire a Pietrasanta, si allontana per qualche tempo da Carrara; ma l’esperienza versiliese non lo soddisfa, lì non ci sono quei “maestri di cavar marmi” che ben conosce. E torna: prima nel maggio del 1519 e ancora il 9 aprile 1521.
Serve molto marmo per le nuove committenze e sono necessarie tutte le capacità dei cavatori carraresi. E anche se dovrà realizzare le opere per le tombe dei Medici, il marmo non lo scieglie nelle cave medicee di Pietrasanta ma in quelle di Carrara. La prima figura viene completata proprio nel 1525, cinquecento anni fa: è quella di Lorenzo, il “pensoso Duca”.
Carrara non avrebbe rivisto Michelangelo, ma i suoi marmi ne avrebbero eternato la presenza in tutto il mondo.
Paolo Bissoli