Troppi suicidi tra i detenuti, inammissibili le condizioni delle carceri

Dal presidente Mattarella il forte richiamo alla Costituzione: garanzia dei diritti e salvaguardia della dignità delle persone

Carcere. (Photo SIR/CdE)

“Ho messo i miei occhi nei vostri occhi; ho messo il cuor mio vicino al vostro cuore”: con queste parole il 26 dicembre 1958 San Giovanni XXIII si rivolgeva ai detenuti del Carcere romano di Regina Coeli. Era quella una visita storica che il “Papa buono” compiva in concomitanza con il suo primo Santo Natale da Romano Pontefice.
Lo stesso giorno ma 66 anni dopo, soltanto due giorni dopo l’apertura ufficiale del Giubileo della Speranza – che ci accompagnerà per l’intero 2025 – è stato Papa Francesco a rivolgere un particolare interesse ai carcerati di un altro luogo romano di detenzione, Rebibbia. In quella circostanza, il Santo Padre ha voluto aprire una Porta Santa nella Cappella della Casa Circondariale con l’intento di “spalancare e aprire” alla speranza il cuore dei detenuti.
A questo straordinario gesto hanno fatto seguito diverse riflessioni, da parte di molti, sul sovraffollamento delle carceri italiane, sulle condizioni di detenzione e sui tanti problemi che si vivono in quei luoghi.
L’articolo 13 della Costituzione italiana sancisce che la libertà personale è inviolabile “se non per atto motivato dell’Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”. Questo principio sprona a garantire i diritti dei detenuti e salvaguardarne la dignità. Prima di tutto infatti è necessario che la persona venga considerata tale e non si vada ad eccedere con misure repressive che potrebbero non essere necessarie.
Se è d’obbligo perseguire questo concetto serve però anche indirizzare i carcerati verso un’autentica rieducazione che abbia l’intento di garantire alla giustizia di proseguire il proprio iter. Dall’altra parte invece la necessità che tutti i cittadini vengano tutelati e che possano sentirsi parte di un popolo “difeso” dalla giustizia.
Per ogni detenuto non serve soltanto “una condanna” ma si necessita un percorso che contribuisca al recupero della persona e alla tutela di quella libertà che necessariamente viene limitata. Le parole che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rivolto all’Italia – nel tradizionale messaggio di fine anno -contribuiscono a perorare la causa per combattere i problemi delle carceri italiane.
“L’alto numero di suicidi – ha affermato il Presidente – è indice di condizioni inammissibili”. Per questo abbiamo il dovere di osservare la Costituzione che indica “norme imprescindibili” sulla detenzione in carcere.
Da quando le statistiche ministeriali rilevano il dato, l’anno 2024 è stato purtroppo “un anno record” per numero di suicidi in carcere. Secondo diverse testate giornalistiche infatti i suicidi sono stati ben 90.
E il 2025 si apre tristemente con altre morti volontarie. Una di quelle accertate è avvenuta nel pomeriggio di venerdì 3 gennaio, nel carcere fiorentino di Sollicciano. Protagonista un ragazzo 25enne di origini egiziane, già autore di atti autolesionistici per i quali si era necessario collocarlo nel reparto centro clinico.  Altra riflessione affrontata dal Presidente della Repubblica è stata rivolta a chi lavora a contatto coi carcerati. “Il sovraffollamento – ha affermato – contrasta e rende inaccettabili anche le condizioni di lavoro del personale penitenziario”. I detenuti infatti devono potere respirare “un’aria diversa” da quella che li ha condotti alla illegalità e al crimine.
Di qui il sostegno di Mattarella a quei “generosi operatori” che quotidianamente sono impegnati nel contatto, nel dialogo, nella cura di quanti si trovano nei luoghi di detenzione. “Signore quando ti abbiamo visto in carcere e siamo venuti a visitarti?… Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Ascoltando queste parole del Vangelo ognuno di noi faccia la propria parte e si impegni!

Fabio Venturini