
Di recente, curiosando tra gli scaffali della libreria del Touring Club Italiano nel centro di Milano ho scorto, in basso, un volume dal titolo lapidario quanto familiare: “Appennini”. Si tratta di una pubblicazione che il Touring ha pubblicato nel 2023, anche se l’eco della sua uscita non è giunta nel nostro territorio.
Ed è un vero peccato perché vale la pena sfogliarlo, non solo per il formato grande che esalta le immagini, ma anche e soprattutto per i contenuti che propone in un viaggio da Nord a Sud lungo la spina dorsale della nostra Italia.
E qui sta la sorpresa: tra i dieci capitoli nei quali è organizzata la pubblicazione, spiccano almeno due contributi che riguardano persone e luoghi della Lunigiana.
Il primo è firmato da Silvia Dai Pra’, giovane e brava scrittrice romana di elezione ma che affonda le proprie origini proprio a Pontremoli, la città di mamma Patrizia DeNegri e dei nonni Doriano e Graziella “Lalla” Tassi.
Il contributo – “Argante”, il titolo – è dedicato però alla bisnonna Bianca Del Bianco, “nata a Carrara l’anno in cui il generale Bava Beccaris, a Milano, abbatteva a cannonate la folla che protestava per il prezzo del pane: il 1898”.
Argante era il papà di Bianca, cavatore, anarchico, anticlericale a tal punto da aver scelto con cura i nomi dei figli della sua affollata nidiata così che non avessero riscontro nel calendario dei santi. Morì nel 1914 a soli quarantasette anni, trentacinque dei quali trascorsi nelle cave di Colonnata; a quel punto Bianca (anzi, la Bianchina come era chiamata affettuosamente) dovette trovarsi un lavoro per contribuire a mantenere la famiglia.
Finì a fare la bigliettaia sui tram di Carrara; e – raccontava – quando la presenza degli uomini si fece scarsa vista la partenza per il fronte della Grande Guerra di molti di loro, le toccò anche guidarlo, quel tram! Bianca è morta nel 2005, a 107 anni, in quella Pontremoli dove si era trasferita dopo il matrimonio con Emilio Augusto DeNegri.
Il libro propone anche molte immagini, un buon numero delle quali si riferiscono all’Appennino Tosco Emiliano e, in particolare, a quello che rientra nei confini del Parco Nazionale.

Ma c’è un altro contributo che coinvolge il territorio della Lunigiana e la storia recente della sua gente, ed è quello che racconta la genesi e la missione di due Musei della Resistenza: quello. modenese di Montefiorino e quello di Fosdinovo, più tradizionale il primo, visionario il secondo pur con i suoi venticinque anni di vita. Una linea di contatto attraverso quelle montagne che, del resto, solo nei decenni più vicini a noi hanno iniziato a dividere le comunità dei rispettivi versanti, ma che per secoli le hanno invece unite.
A Montefiorino, durante i lunghi mesi dell’occupazione nazifascista i “patrioti” avevano organizzato una fra le repubbliche partigiane più note, “un esperimento di libertà durato una quarantina di giorni”, tra il 17 giugno e il 1° agosto 1944, come scrive Tino Mantarro nel libro. Quell’esperienza è raccontata nell’antico castello del paese, quello stesso dove si era organizzata la guarnigione fascista; qui, primo caso in Italia, nel 1979, è stato organizzato un Museo della Resistenza, prima semplice esposizione di “cimeli”, poi aperto alla multimedialità.
Quel nuovo linguaggio che da subito era stata la scelta per il Museo voluto alle Prade di Fosdinovo alla metà degli anni Novanta e inaugurato nella primavera del 2000. Il prestigioso “Studio Azzurro” ne aveva fatto il primo Museo di narrazione in Italia, utilizzando i video con i volti e i racconti di molti protagonisti della Resistenza combattuta fra le province della Spezia e di Massa Carrara.
Così qui, dove sono passati centinaia di giovanissimi che vi trascorrevano giorni di vacanza “in colonia”, da un quarto di secolo salgono migliaia di visitatori – comprese tante scolaresche – per conoscere e ricordare. Anche questo è Appennino.
Paolo Bissoli