
Originario dell’Alta Marna era figlio di un fonditore. Allievo di Bartolomé Ordóñez, lavorò a Carrara. Oltre alla grande ancona marmorea per la chiesa fivizzanese di San Terenzo Monti, altre sue pregevoli opere sono nelle chiese di Ameglia, Montemarcello e Trebiano

Negli anni della lunga e rivoluzionaria stagione artistica del Rinascimento chi voleva affermarsi tra gli scultori non poteva fare a meno di mettersi alla prova nei laboratori di Carrara. Fra il XV e il XVI secolo centinaia di giovani “andarono a bottega” da alcuni tra i più affermati artisti del tempo e per molti quell’esperienza nella lavorazione del marmo rimase fondamentale per il resto della vita.
Tra questi ci fu Domenico Gare, detto “il Francesino” per le origini nell’Alta Marna, figlio di un fonditore di bronzo; e fu proprio il padre ad accompagnarlo in Italia. Una vita breve, in gran parte trascorsa fra Carrara e Pietrasanta tranne che per una parentesi in Spagna.
Le scarse informazioni ci dicono comunque che nel 1520 era già attivo nella città del marmo ai piedi delle Apuane, nell’affollata bottega dello spagnolo Bartolomé Ordóñez, ambìta da tanti giovani artisti di belle speranze.
L’artista iberico era nato a Burgos nel 1480 e si era, per così dire, specializzato in monumenti sepolcrali, vanta opere di primo piano a Napoli, Barcellona e Granada dove, nella Cappella Reale, è la tomba che aveva realizzato per le spoglie del re Filippo e della regina Giovanna la Pazza.

La morte prematura lo aveva colto a Carrara nel 1520 lasciando numerose opere incompiute. Del completamento vennero incaricati, olrte ai suoi collaboratori, anche alcuni tra i più abili artisti presenti nei laboratori, compreso quel Pietro Aprile da Carona al quale si attribuisce il tempietto della SS. Annunziata a Pontremoli.
Come detto, alla morte del maestro, Domenico Gare si reca in Spagna e nella cattedrale di Granada lavora alla decorazione delle tombe di Ferdinando d’Aragona e di Isabella di Castiglia.
Al suo ritorno in Italia lo troviamo impegnato a scolpire per committenze nel territorio sud orientale della Lunigiana storica. Nel 1524 viene incaricato di realizzare un trittico per la chiesa di Trebiano, ma è già al lavoro per la sua la prima opera completata nel nostro territorio, appunto la grande pala marmorea di San Terenzo Monti conclusa già nel 1525.
Due anni dopo ecco un altro trittico, questo per la chiesa di Ameglia, mentre all’inizio del 1529 conclude l’ancona in marmo del Volto Santo tra i Santi Rocco e Sebastiano nella chiesa di San Pietro a Montemarcello (nella foto).
È questa la sua ultima opera: sarebbe infatti morto nel maggio di quell’anno mentra sta sbozzando un nuovo blocco di marmo dal quale avrebbe voluto ricavare un polittico per l’oratorio di San Francesco a Lerici.
p. biss.