

“Da quando è in carica il Governo Meloni, gli occupati sono cresciuti di quasi 800 mila unità (24,009 milioni di luglio 2024 versus 23,225 milioni di novembre 2022). A luglio 2024 il numero di occupati raggiunge un record storico, arrivando a oltre 24 milioni di occupati (24 milioni e 9 mila unità). ll tasso di disoccupazione scende al 6,5%, il dato più basso dal marzo 2008. Su base mensile, il tasso di occupazione raggiunge il 62,3%, il valore più alto di sempre. Il tasso di occupazione femminile raggiunge il valore più alto di sempre, pari al 53,6%. L’Istat ha registrato livelli minimi record anche per la disoccupazione giovanile (nella fascia 15-24 anni), scesa al 20,8% (a luglio 2024), quasi tre punti in meno rispetto al 23,7% del settembre 2022 (governo Draghi). Secondo l’ISTAT, aumenta anche il lavoro stabile: +437mila nuovi dipendenti a tempo indeterminato negli ultimi 12 mesi, a riprova del ritrovato slancio della nostra economia”.
Questo si legge nel sito di Fratelli d’Italia e questo è quanto proclama spesso Giorgia Meloni. Sembrerebbe che tutto vada a gonfie vele. Peccato che il prodotto interno lordo non veleggi, che in due anni l’inflazione è molto superiore agli indici di incremento dei salari (quando ci sono).

Peccato soprattutto che l’Istat dia anche altre statistiche non molto entusiasmanti. Il 9,7% della popolazione italiana versa in povertà assoluta. Si tratta di 5 milioni e 694 mila di poveri assoluti con 2 milioni 217mila famiglie. I dati in leggero aumento in leggero aumento sul 2022 su base familiare e sul piano individuale risulta il più alto di sempre e non accenna a diminuire.
Nel quadro generale ha colpito la mappa della povertà assoluta. Si infrange un mito. Si è sempre pensato che la povertà riguardasse il Sud. Ed è una realtà triste. Ma si scopre che il numero delle famiglie che versano in povertà (quasi un milione) supera quello del Sud e delle Isole complessivamente.
La povertà non conosce più confini ed è spalmata su tutto il territorio nazionale. Diventa preoccupante la questione settentrionale, che riguarda quelle regioni che sono il fulcro dell’economia italiana.
C’è un altro grosso problema: la povertà assoluta minorile. L’incidenza tra i minori è ai massimi storici il 13,8% (era il 13,4% nel 2022). Complessivamente si contano un milione e 295 mila bambini poveri ed i nuclei dove sono presenti bambini poveri versano in situazioni di maggior disagio.
In questo panorama compare una nuova categoria di lavoratori. Cresce il numero di coloro che pur avendo un impiego da operaio o assimilato versano in povertà: sono l’8% degli occupati (era il 7,7% nel 2022).
I dati del report della Caritas “Fili d’erba nelle crepe. Risposte di speranza” Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia 2024 vedono il problema della povertà sotto aspetti diversi, ma corrispondono ai dati diffusi dall’Istat. I centri di ascolto della rete Caritas (3,124 dislocati nelle 206 diocesi di tutte le regioni italiane) offrono il quadro della presenza accanto alle persone in difficoltà.
Non sono le sole ad intervenire, c’è tutta una rete di volontariato che si diffonde per alleviare la fatica del vivere di molte persone. Non si arriva a tutti, e non ci si vuole neppure sostituire allo Stato, ma si può essere un pungolo per presenze significative nell’affrontare i disagi di chi non ha voce, ma ha il diritto di vivere.
La Caritas ha supportato 269.689 persone (e quindi famiglie) complessivamente il 12% delle famiglie in stato di povertà assoluta. Nel 2022 l’incremento è stato del 5,4% e se si allarga lo sguardo ad un intervallo più ampio si scopre che dal 2015 ad oggi l’aumento delle persone sostenute è cresciuto del 41,6% e del 52,1% nelle regioni del Nord confermando l’andamento offerto dai dati Istat. Dalla ricerca risulta che non soltanto ci sono nuovi poveri, ma aumentano anche le situazioni di cronicità (una persona su quattro è seguita da più di 15 anni).
I poveri diventano sempre più poveri e c’è una stretta relazione tra povertà economica e povertà educativa: il 67% degli assistiti possiede al massimo la terza media. Inoltre vivere in modo prolungato sopprime il “diritto di aspirare”, non vede più futuro. Le famiglie con minori sono le più assistite, nella povertà spesso cresce il disagio psicologico e psichiatrico.
Ancora una volta emerge che una persona su quattro (il 23%) degli assistiti ha un’occupazione. Se alla povertà assoluta si aggiunge la povertà relativa, di coloro che non possono accedere a tutte le necessità per una vita dignitosa (oggi c’è chi non accede alle cure mediche per mancanza di mezzi) che tocca il 10,6%, pari a 2 milioni e 800 mila famiglie, il quadro diventa preoccupante. Più o meno il 29% della popolazione versa in gravi condizioni.
Tutto questo avviene malgrado i numeri elencati dalla Meloni siano ufficialmente veri. Ma dietro ai numeri a volte si nasconde l’imbroglio. Quando si parla di lavoro povero non si parla di bazzecole, si parla di ingiustizie, si parla di lavori sottopagati, di remunerazioni insufficienti.
Ma se si va a guardare come viene classificato dall’Istat il termine “occupato”, si scopre che è “occupato” chi svolge un lavoro. “In particolare sono occupate le persone che hanno lavorato almeno un’ora durante la settimana di riferimento… La condizione di occupato non dipende dal compenso”. Forse è il caso di riflettere sui criteri di classificazione e sul salario minimo.
Giovanni Barbieri