“In carcere, dove la Chiesa è a fianco di chi soffre”

Uniti nel dono per aiutare il prossimo.
L’esperienza di don Michele Bigi, Cappellano della Casa di Reclusione di Massa

Don Michele Bigi, Cappellano del Carcere di Massa

Don Michele Bigi è il nuovo parroco della Visitazione di Massa, la Parrocchia del Monte, adiacente il vecchio ospedale. Accompagnato nella celebrazione di ingresso dal Vescovo Fra’ Mario e da diversi confratelli sacerdoti dell’Unità pastorale e del Vicariato, don Michele è anche parroco della vicina parrocchia di San Rocco e San Giacomo.
Don Michele, 54 anni, ha maturato la vocazione durante gli studi universitari ed è entrato in Seminario a 30 anni. La sua ordinazione è avvenuta l’8 settembre 2006: in questi 18 anni di servizio alla Chiesa ha operato in diverse realtà della Diocesi: Fossola, la Cattedrale, la Sacra Famiglia di Marina di Carrara, quindi a Fosdinovo e poi di nuovo a Massa, nella parrocchia di Cervara.

In Italia ci sono circa 32.000 sacerdoti
che si dedicano a tutti noi e alle nostre comunità
Sostenere i sacerdoti è importante!
Leggi le storie e scopri di più su www.unitineldono.it
Scegli tu quanto donare!

Ma dal 2018 don Michele svolge un servizio molto particolare: è Cappellano della Casa di Reclusione di Massa. “Svolgere la missione in carcere è stato, ed è per me una parte significativa della missione – racconta – Il carcere è un luogo molto particolare, un luogo di dolore. Spesso se ne sente parlare a sproposito e in senso negativo e anche le serie tv danno immagini che non sono reali. Il carcere è un luogo di sofferenza dove la Chiesa è a fianco delle persone che soffrono”. Sul carcere don Michele esprime pensieri molto lontani dal comune sentire.
“Un detenuto è una persona e non va giudicato ma accolto, il giudizio lo ha già ricevuto da un Tribunale; invece, il detenuto viene giudicato per lo stesso crimine una infinità di volte”. Cosa significa svolgere il ministero di sacerdote dentro un carcere? Don Michele non ha dubbi: “significa essere vicini e a disposizione di chiunque, non solo dei cattolici. E il ministero non consiste nel dare assistenza spirituale, ma andare incontro a tutti”.
Spesso si tratta di esigenze materiale, che il cappellano riesce a soddisfare con l’indispensabile aiuto di Caritas Diocesana e dell’Opera San Cafasso. La particolarità del mondo carcerario, ci racconta don Michele, spinge molte persone a chiedere di fare una esperienza dentro come volontari.
Ma accade non raramente che “qualche persona scambi la Casa di reclusione con uno zoo, un luogo da visitare per vedere una realtà umana nuova. Per questo con l’Amministrazione carceraria filtriamo le richieste mentre con Caritas ci occupiamo della formazione dei volontari”.
Sei anni come cappellano di una Casa di reclusione sono un periodo abbastanza lungo per potere accumulare esperienze significative da potere condividere.
Quando gli chiediamo di raccontarcene una, don Michele preferisce sottolineare la dimensione quotidiana della sua vocazione: “direi che senza dubbio l’esperienza più significativa è quella che ora sto vivendo, non per sminuire le altre ma semplicemente perché è quella attuale: parroco delle due comunità che mi sono state affidate”.