Il mio regno non è di questo mondo

Domenica 24 novembre – Gesù Cristo Re dell’universo
(Dn 7,13-14; Ap 1,5-8; Gv 18,33-37

La solennità di Cristo Re dell’universo è la naturale conclusione dell’Anno Liturgico, e se anche nei misteri del Rosario trovasse posto la contemplazione della venuta gloriosa di Gesù sulle nubi del cielo, allora il Rosario sarebbe una meditazione completa su tutta la storia della salvezza, dall’Annunciazione alla Venuta gloriosa.
1. Sei tu il re dei Giudei. Certamente Pilato era a conoscenza delle attese messianiche del popolo di Israele, e vedendo Gesù percosso e incatenato gli pone la domanda con ironia: “Sei tu il re dei Giudei?”.
Con disprezzo poi prende le distanze dal popolo ebraico dicendo: “Sono forse io Giudeo?”, ma alla fine riconosce che Gesù era diverso dai sobillatori del momento: Gesù non voleva imporre il suo regno con la forza, non era uno dei soliti pazzi religiosi fondamentalisti con i quali neppure oggi si può ragionare.
Pertanto conclude affermando: “Io non trovo in lui colpa alcuna”, ma il suo ragionamento resta sul piano politico perché non è interessato alla conoscenza della verità: a Pilato preme solo salvare il suo prestigio.
2. Il mio regno non è di questo mondo. La risposta di Gesù è spiazzante per Pilato come per tutti quei politici che cercano nel Vangelo la conferma delle loro idee e nella Chiesa un appoggio per la propria carriera.
Nel regno di Gesù si entra con il battesimo e con la fede, si cerca la verità con la penitenza, con l’ascolto e con l’Eucaristia, non si impongono le proprie idee. Gesù conquistò il suo Regno “sacrificando se stesso immacolata vittima di pace sull’altare della Croce”, e “offrì alla maestà infinita del Padre il regno eterno e universale: regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace” (Lit. od.).
3. Dare testimonianza alla verità. Gesù rivendica per sé la missione di dare testimonianza alla verità, perché può anche affermare solennemente: “Io sono la Via, la Verità e la Vita” (Gv 14,6).
Per noi comuni mortali la convinzione di avere la verità è messa in dubbio dal fatto che ogni tanto vediamo emergere qualcosa di nuovo che ci mette a confronto con l’umana fragilità.
Pertanto noi lottiamo per la verità, non perché la possediamo, ma perché la cerchiamo nella riflessione, nella preghiera, e senza dimenticare la carità. San Paolo VI scrisse nell’immaginetta ricordo della Prima Messa (30 maggio 1920): “Concedi, o mio Dio, che tutte le menti si uniscano nella Verità e tutti i cuori nella Carità”.
Scrive papa Benedetto XVI: “La verità va cercata, trovata ed espressa nell’economia della carità, ma la carità a sua volta va compresa, avvalorata e praticata nella luce della verità. In questo modo non avremo solo reso un servizio alla carità, illuminata dalla verità, ma avremo anche contribuito ad accreditare la verità, mostrandone il potere di autenticazione e di persuasione nel concreto del vivere sociale” (Carit.in Verit., § 2).

† Alberto