
Pontremoli: a colloquio con don Graziano Galeotti sulla nuova organizzazione.
Un nuovo assetto non improvvisato per garantire la presenza a tutte le comunità.
Ma in prospettiva si fa strada il tema della corresponsabilità dei laici

Il tempo di una nuova organizzazione pastorale per le piccole parrocchie di montagna della nostra Diocesi è arrivato. L’obiettivo è quello di garantire l’eucaristia e la vita comunitaria in numerose piccole parrocchie con un numero di presbiteri ormai limitato: una quadratura del cerchio possibile facendo scelte innovative.
Il problema accomuna decine di Diocesi delle aree interne italiane. Nella Diocesi apuana il Vescovo Fra’ Mario si è posto il problema sin dal suo insediamento, nominando nella persona di don Piero Albanesi un suo vicario per le entità pastorali con il compito di proporre soluzioni al problema.
Ed è il Pontremolese l’area in cui in questi giorni un nuovo assetto prende forma. La circostanza da cui prende il via la nuova organizzazione è quella della chiamata di don Andrea Forni, negli ultimi anni titolare di ben 21 parrocchie a monte del capoluogo, alla guida della parrocchia di Bassagrande a Marina di Carrara.
Lo scorso 19 settembre il Vicario foraneo, don Graziano Galeotti, ha comunicato con una lettera alle comunità interessate il nuovo assetto pastorale, consistente in una riorganizzazione della montagna in tre “zone pastorali”, corrispondenti approssimativamente alle tre valli di Magra, Verde e Gordana, con l’assegnazione a ciascuna delle zone di un prete già membro dell’Unità Pastorale Città di Pontremoli:
– don Jules Ganlaky per le sette parrocchie della Valdantena;
– don Giovanni Perini per le otto comunità della valle del Verde e di Succisa;
– don Francesco Sordi per le quattro parrocchie di Torrano, Oppilo, Careola e Arzelato.
Arzengio e Ceretoli, infine, data la relativa vicinanza al capoluogo, entreranno direttamente nell’orbita dell’Unità Pastorale.

Quella messa in campo non è una soluzione “tampone” improvvisata in fretta per fare fronte all’ennesimo “buco” che si apre, ma «un progetto a lungo studiato dalla Diocesi, anche con la consulenza di una società specializzata in riorganizzazione di entità complesse, civili e religiose, e che era già pronto lo scorso gennaio», sottolinea don Graziano Galeotti, raggiunto dal nostro settimanale.
«Eravamo quindi pronti ad attuare il piano quando ce ne fosse stato il bisogno, che è poi emerso con il trasferimento di don Andrea». Soluzioni analoghe, quindi, potrebbero essere adottate per altre zone pastorali della Lunigiana, in futuro.

Pontremoli sperimenta un progetto teso non solo a “garantire la messa” in modo più capillare possibile, ma a fare di queste aree piccoli centri pastorali, in cui garantire il catechismo se ci sono bambini – nelle parrocchie in questione la scuola di catechismo è presente a Grondola e a Casalina e sarà mantenuta, assicura don Graziano – e momenti di preghiera e formazione. Il tema delle messe è ovviamente il primo a porsi.
Per il Vicario Foraneo la situazione è sostenibile: «in ogni zona pastorale vi sono parrocchie che già da alcuni anni “aprono” soltanto in estate, rimanendo chiuse per assenza di fedeli lungo il resto dell’anno. La celebrazione della messa nelle altre comunità avverrà con rotazioni e alternanze, in alcuni casi già sperimentate. Vi sono realtà in cui i fedeli, almeno quelli che possono spostarsi, con grande maturità si sono abituati a muoversi verso la chiesa più vicina in cui si celebra messa».
Nel piano rientra anche il diacono Giampaolo Montano, che «come con don Andrea, sarà di appoggio all’attività dei parroci, ma senza snaturarne il ministero trasformandolo in un “tappabuchi” dei preti». È all’interno di questa riflessione che si innesta il tema della corresponsabilità dei laici.
Secondo don Graziano «qualora non sia possibile celebrare l’eucaristia diventerà prezioso il ruolo di eventuali ministri straordinari, formati per portare la comunione ai fedeli riuniti e guidare un momento di preghiera e riflessione».
Sul profilo di queste figure il Vicario Foraneo usa tutta la cautela del caso («Dobbiamo fare i conti con lo spopolamento di queste comunità e con l’età media avanzata dei parrocchiani», ammette don Graziano) ma propone la sfida più grande del nuovo assetto pastorale: «queste figure di guida della comunità non devono arrivare dall’esterno, ma emergere dalle parrocchie stesse, tra quelle figure riconosciute come riferimento da tutti i fedeli».
(d.t.)