Non è bene che l’uomo sia solo

Domenica 6 ottobre – XXVII del Tempo Ordinario
(Gen 2,18-24; Eb 2,9-11; Mc 10,2-12)

La Sacra Scrittura non ci propone un racconto storico, ma sapienziale, riguardo all’origine dell’umanità: Dio crea l’uomo dalla terra; quando poi si accorge che è dispari e vuole fare “un aiuto che gli corrisponda”, non fa un nuovo impasto con la terra che certamente non gli mancava, ma divide in due l’essere primordiale che aveva fatto, di modo che nell’unione tra l’uomo e la donna si forma di nuovo la perfezione dell’essere primitivo così come era uscito dalle mani di Dio.
1. Dignità della donna. La parte dell’uomo presa per formare la donna viene tolta dal fianco dell’uomo, perché sia uguale a lui, da sotto il braccio perché sia da lui protetta e da vicino al cuore perché sia da lui amata.
Questa dignità della donna è riconosciuta solo nella Sacra Scrittura: in nessun’altra letteratura, né greca, né latina, né dell’Occidente, né dell’Oriente, si parla con tanto rispetto della donna.
La donna non è né al di sopra né al di sotto dell’uomo; gli è al fianco, perché uomo e donna sono complementari.
2. Un aiuto che gli corrisponda. Non è il matrimonio che rende felice chi si sposa, ma i due che si sposano rendono felice un matrimonio. Cioè non ci si sposa per una soddisfazione individuale, ma per rendere felice un’altra persona, alla quale ci si lega per tutta la vita.
Ci si sposa non per una sistemazione personale, affettiva o tanto meno economica, ma per condividere tutta la vita, perché la famiglia è un impegno che deriva dall’amore. La domanda di rito del matrimonio è: “Vuoi accogliere?”, non: “Vuoi bene?”, non riguarda cioè un piacere momentaneo, ma esige una decisione di volontà che non conosce limiti di tempo.
3. Dignità della famiglia. La dignità della persona richiede che essa stessa sia membro di una famiglia, e anche il Figlio di Dio entrando nella storia non si è privato dell’intimità di una famiglia, nella quale è nato e cresciuto con la cura e l’affetto di due genitori e dove ha imparato a ubbidire.
La famiglia può conoscere conflitti e sconfitte, come ci racconta la Sacra Scrittura: Cam deride suo padre Noè, Abramo scaccia Agar con il figlio Ismaele, Assalonne si ribella al padre Davide, Giuseppe è venduto dai fratelli. Anche la storia di Roma inizia con un fratricidio e con il ratto delle Sabine.
Nonostante gli episodi negativi, la famiglia resta il luogo della vita, perché lì si impara a conoscere la complementarietà tra l’uomo e la donna e la interdipendenza tra genitori e figli, lì si vive nell’amore, nel rispetto, nell’accettazione reciproca pur nella diversità.
Anzi, proprio in famiglia si trova una particolare attenzione per i più deboli con il servizio amorevole ai piccoli, agli ammalati, agli anziani. L’amore nella famiglia è uno sgabello a tre gambe: è filiale in quanto riceve la vita; è paterno-materno in quanto dona la vita; è paritetico in quanto vive nello scambio amoroso di accettazione tra fratelli.

† Alberto