Dalla Liguria tre segnali per la vita politica nazionale

Il sindaco di Genova Marco Bucci nuovo presidente della Regione. La tenuta della destra, le difficoltà del centrosinistra e la fuga dalle urne tra i temi proiettati a livello nazionale. Astensionismo record

Il neo presidente della Liguria, Marco Bucci

Il voto della Liguria ha aperto il trittico autunnale che vedrà al voto regionale anche Emilia Romagna e Umbria, chiamate alle urne il 17-18 novembre.
Le dimissioni di Giovanni Toti a seguito dei reati contestati dalla magistratura, per i quali il presidente della Regione ha patteggiato la pena, hanno portato ad un voto anticipato nel quale i liguri hanno scelto di stretta misura Marco Bucci, candidato della destra e sindaco di Genova. Andrea Orlando, candidato di caratura nazionale, ha mancato una vittoria che sembrava a portata di mano nelle settimane in cui la destra non riusciva ad esprimere una candidatura valida per la successione a Toti.
La discesa in campo del sindaco di Genova è stata spregiudicata, sia per il suo legame strettissimo con Toti e con le persone coinvolte nell’inchiesta (in cui Bucci non è mai stato implicato), sia per la responsabilità di lasciare senza sindaco dopo solo due anni un’importante città metropolitana, che in primavera sarà chiamata nuovamente a eleggere il suo primo cittadino.

Il candidato Andrea Orlando al seggio

Ma nonostante ciò la scelta, operata direttamente da Meloni, si è dimostrata vincente. Ma non certo per la supposta popolarità del Bucci del “modello Genova”: nel capoluogo ligure, che da solo costituisce circa metà del corpo elettorale della regione, e in tutta la provincia di Genova, Orlando ha ampiamente battuto Bucci.
Meloni però è stata capace nell’imporre un candidato capace di garantire interessi, equilibri e potentati di una coalizione in costante fibrillazione, a livello nazionale come sui territori. Lo dimostra, per esempio, l’incremento di voti a favore della coalizione e di Forza Italia nell’imperiese, dominato dal potentissimo sindaco Marco Scajola.
Trovato il candidato giusto, per la destra la grande incognita era rappresentata dall’impatto che l’inchiesta su Toti poteva avere sull’elettorato.
A conti fatti lo scandalo giudiziario non ha influito in alcun modo. La coalizione ha conseguito 282 mila voti alle europee, svoltesi un mese dopo gli arresti domiciliari di Toti, e 286 mila alle regionali di domenica e lunedì scorsi: evidenza inequivocabile – ed è questo il primo segnale nazionale che giunge dalle regionali liguri – che la destra è riuscita a costituire attorno a sé una fidelizzazione indipendente dai profili dei candidati, dalle sorti del governo nazionale e, soprattutto, dagli scandali.

I risultati delle liste a sostegno della candidatura di Marco Bucci (dal sito Eligendo – elezioni.interno.gov.it)

Merito anche del quasi monopolio mediatico e comunicativo del governo, che è riuscito a fare dimenticare l’inchiesta e anche il disastro ligure in campo sanitario – la Liguria è la regione con la maggior spesa pro capite per cure mediche private.
Tuttavia, il tema dell’insensibilità delle scelte elettorali al rapporto tra etica e politica meriterebbe un’approfondita analisi sociologica.
I voti sono invece mancati al centrosinistra: uscito dalle europee con 327mila voti, Orlando ne ha ottenuti solo 277mila. Dove sono mancati i consensi? Non dal Partito Democratico, primo partito in regione, capace di doppiare Fratelli d’Italia. Sommato alle liste civiche a sostegno di Orlando, il Pd ha preso 40 mila voti più dello scorso giugno.
Ma Alleanza Verdi Sinistra ne ha persi 14 mila, e i 5 Stelle sono scesi dai già deludenti 64 mila voti di giugno ai 25 mila delle regionali.

I risultati delle liste a sostegno di Andrea Orlando (dal sito Eligendo – elezioni.interno.gov.it)

Ed è questo il secondo, forse ancor più importante messaggio che le elezioni liguri proiettano a livello nazionale: il Movimento 5 Stelle non solo a tutti i livelli locali è privo di un personale politico capace di catalizzare quel non trascurabile 10-11% che tutti i sondaggi attribuiscono a Giuseppe Conte a livello nazionale, ma è sostenuto da un elettorato che solo in minima parte è disponibile a sostenere un candidato PD. È questa condizione che pone enormi dubbi sulla fattibilità e, eventualmente, sulla tenuta e la credibilità del “campo largo” in un’ipotetica elezione politica. Probabilmente la tenuta del governo nei sondaggi riflette questo tema, che le regionali liguri hanno cristallizzato in tutta la sua evidenza: Meloni gode ancora di un sostegno robusto e costante, nonostante scelte impopolari, scandali e scivoloni vari, perché l’alternativa non è credibile.
I 9mila voti mancati a Orlando per battere Bucci nel lunghissimo sprint di lunedì sono quindi da ricercare nell’astensionismo ulteriormente cresciuto.
Chi si aspettava che il 50,6% di affluenza delle europee di giugno sarebbe stato migliorato dall’elezione di un’istituzione molto prossima alla vita quotidiana dei cittadini (sanità, traporto pubblico, sostegno ai piccoli comuni), ha dovuto ricredersi: solo il 46% dei liguri si è recato ai seggi.
La nutrita colonna degli astensionisti è diventata maggioranza. È il terzo segnale di queste elezioni. La disillusione verso una politica percepita come incapace di dare risposte alle istanze dei cittadini è partito di maggioranza assoluta. La partecipazione alla vita politica non si manifesta solo con il voto, ma il disinteresse per le urne è un fatto che interroga sulla qualità e sul futuro della democrazia.

(Davide Tondani)