
Il 4 novembre si festeggia il Santo cotitolare e copatrono, con Sant’Ambrogio, del Seminario Vescovile di Massa

Nella diocesi di Massa Carrara – Pontremoli la memoria di San Carlo Borromeo (Arona, Novara, 1538 – Milano, 3 novembre 1584) è tradizionalmente legata in primis al suo essere cotitolare e copatrono, insieme a Sant’Ambrogio, del Seminario Vescovile Maggiore di Massa.
Le origini meneghine del primo vescovo massese, mons. Francesco Maria Zoppi, hanno donato al nascente seminario la protezione di queste due colonne della Chiesa di Milano.
Altro luogo celeberrimo legato al santo cardinale è, sui colli sopra Massa, la frazione di San Carlo Terme, con annesso oratorio a lui dedicato nel territorio della parrocchia di Pariana.
“Le anime – diceva San Carlo Borromeo – si conquistano con l’umile preghiera”. Lui, infatti, fu un grande conquistatore di anime.
Nato nel castello di famiglia sul Lago Maggiore, figlio del conte Gilberto, Carlo a nove anni, purtroppo, perse la mamma, Margherita Medici di Marignano. Per le usanze dell’epoca, essendo il terzo figlio, Carlo a dodici anni vestì l’abito talare. Le sue rendite le destinò immediatamente ai poveri. Nonostante fin da bambino avesse difficoltà nel parlare, Carlo si rivelò un brillante studente e si laureò a Pavia.
Venne chiamato a Roma dove papa Pio IV, suo zio per parte di madre, lo nominò cardinale e segretario di Stato a soli ventidue anni. Partecipò da protagonista al Concilio di Trento ed avvia l’istituzione dei seminari per formare al meglio i sacerdoti. A venticinque anni venne nominato arcivescovo di Milano, diocesi dal vastissimo territorio, abbandonato a se stesso. Terre che lui visitò instancabile, occupandosi della condizione dei fedeli e, soprattutto, dell’educazione religiosa dei bambini. Fece costruire ospedali e ospizi, elargendo anche le proprie ricchezze. Durante la peste che colpì Milano nel 1576, il cardinale si prodigò personalmente ad assistere i malati, celebrando continue Messe, organizzando processioni. Ripristinò la disciplina nei conventi con tanto rigore da spingere un frate degenere a sparargli contro mentre pregava. Carlo Borromeo, prodigiosamente, non fu colpito.
Per la sua attività, Milano in quel periodo primeggiò sulle altre città italiane. I vescovi, ammirati dalle sue iniziative, lo presero a modello, ma la sua fibra, anche se robusta, non sopportò tutte queste fatiche.
Il cardinale ammalato, con la febbre alta, andava ugualmente in giro senza mangiare né dormire, continuando la sua opera pastorale, pregando e aiutando i bisognosi.
A quarantasei anni si spense stroncato dall’immane fatica, lasciando alla città un bellissimo ricordo della sua generosa opera.
È considerato patrono di sacerdoti, vescovi, direttori spirituali, catechisti, insegnanti, maestri, librai, legatori di libri.
Per il grande aiuto dato agli ammalati è invocato dai sofferenti contro il vaiolo e le epidemie. In suo onore è stata costruita una statua gigantesca di bronzo, alta trenta metri, denominata amichevolmente “San Carlone” che sorge ad Arona, nei pressi del Lago Maggiore, meta di pellegrinaggio e turismo.
Il culto verso San Carlo in Lunigiana
Anche in Lunigiana è penetrato il culto verso questo grande santo. Nella chiesa parrocchiale di San Francesco d’Assisi in Turano, nel comune di Fivizzano, possiamo trovare nella controfacciata un dipinto, datato 1629, raffigurante la Vergine del Carmelo tra i Santi Francesco, Antonio Abate, Giovanni Battista e San Carlo Borromeo.
Chi scrive ricorda la sorpresa provata, nel varcare la soglia dell’Oratorio della Santissima Annunziata in Fosdinovo, meglio conosciuto come Oratorio dei Bianchi, scorgendo una vivace “macchia” rossa nella pala del primo altare sulla sinistra della navata: è l’inconfondibile abito cardinalizio di San Carlo, soggetto reso ancor più riconoscibile dal suo naso particolarmente pronunciato, che non lascia dubbi circa l’identità del personaggio raffigurato.
Particolarmente degno di nota, infine, l’Oratorio di San Carlo nel centro di Fivizzano, conosciuto anche come “chiesetta delle carceri”. Fu fatto costruire nel 1706 e al suo interno vi è custodita, al centro del pavimento, la tomba del poeta locale Giovanni Fantoni Labindo (1755-1807), che fu anche importante uomo politico del suo tempo.
Fatto erigere da Carlo Vieri, Governatore generale di Lunigiana dal 1702 al 1722, è collocato alla destra dell’attuale Palazzo Comunale, che nel Settecento ospitava al piano terra le carceri civiche: in questo modo le funzioni religiose potevano essere seguite anche dai prigionieri all’interno delle loro celle.
La cappella, costituita da un’unica stanza coperta da una volta a vela, era dotata di un campanile, crollato a seguito del terremoto del 1920, mentre all’interno possiamo ammirare alcune raffigurazioni di notevole interesse artistico. Sull’altare troneggia una pala ovale raffigurante “La Santissima Annunziata tra San Carlo Borromeo e Sant’Antonio da Padova”, attribuita al pittore fiorentino Ottavio Dandini, mentre sulle pareti e sulla volta sono presenti affreschi della Natività di Maria e dei quattro Profeti dell’Antico Testamento.
Don Fabio Arduino