Àlzati, ti chiama!

Domenica 27 ottobre – XXX del Tempo Ordinario
(Ger 31,7-9; Eb 5,1-6; Mc 10,46-52)

Leggiamo oggi l’ultimo miracolo presentatoci nel vangelo secondo Marco: la guarigione del cieco di Gerico. Il racconto acquista una simbologia particolare per come il fatto viene rappresentato.
1. Sedeva lungo la strada a mendicare. In occasione della festa di Pasqua i Giudei osservanti erano tenuti in maniera particolare a un gesto di elemosina (Mc 14,3-9; Gv 13,29). Per questo Bar-Timeo stava a mendicare fuori della città, lungo la strada dove i pellegrini erano obbligati a passare per salire a Gerusalemme.
Mendicava qualcosa per sopravvivere, desiderava una guarigione per gli occhi, cercava una luce per l’intelletto. Può essere il simbolo di ogni persona che mendicando cerca la luce, la quale è stata la prima cosa che Dio ha creato, prima ancora del sole e della luna. Quando poi l’uomo ha perduto la luce, Dio ha mandato il proprio figlio come “luce che brilla nelle tenebre”. Gli uomini però non l’hanno accolta, e molti continuano a cercare.
2. Rabbunì, che io veda. Il cieco insiste nell’invocare il “Figlio di Davide”, e la ripetizione sempre più forte della richiesta di aiuto esprime la fede e la fiducia di chi implora. Appena sa di essere chiamato da Gesù “gettato via il suo mantello balzò in piedi”.
È stato un gesto spontaneo, o forse pensava che il mantello non gli sarebbe più servito? Di fronte ai tanti avvenimenti della vita quotidiana, più tristi che lieti, tutti siamo alla ricerca della luce, e il Signore continua a far sentire la sua presenza, passa e chiama.
Siamo sensibili alla sua chiamata, buttiamo via il mantello per corrergli incontro, oppure continuiamo a girovagare come quei religiosi che cercano la volontà di Dio finché non trovano un vescovo che asseconda i loro desideri?
3. Va’, la tua fede ti ha salvato. Gesù esaudisce la preghiera del cieco senza compiere un gesto o dire una parola di guarigione, ma dice soltanto un congedo e una costatazione: “Va’, la tua fede ti ha salvato”.
La fede non è la conseguenza del miracolo, ma ne è la causa. Il nostro cammino di fede non si basa su ragionamenti umani o su miracoli o su presunte visioni, ma è l’incontro con una persona, Gesù.
Il cuore umano smette di cercare solo quando è sedotto da una passione o da un amore, e Dio solo conosce le strade che dall’intimo portano a lui, o meglio ancora: Dio entra in un cuore e vi pone la sua dimora solo se noi lo accogliamo: “Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode” (Sal 126,1).
È sempre commovente la poesia di Trilussa: “Quella vecchietta ceca, che incontrai / la sera che mi spersi in mezzo ar bosco, / me disse: – se la strada nun la sai / te ci accompagno io, che la conosco. […] Io risposi: Sarà… ma trovo strano / che me possa guidà chi nun ce vede… / La ceca, allora, me pijò la mano / e sospirò: – Cammina -. Era la fede”.

† Alberto