Storie private e verità storiche in terra di Palestina

Ha soddisfatto pienamente il consiglio di leggere di Susan Abulhawa Ogni mattina a Jenin: lo ha scritto superando molte difficoltà una profuga dalla Palestina costretta alla fuga dal labirinto di baracche del campo di Jenin dopo la Guerra dei sei giorni del 1967.
Sta qualche tempo dell’infanzia in orfanotrofio a Gerusalemme; arriva finalmente a Filadelfia dove svolge la professione medica. Una storia personale e collettiva piena di una tristezza che fa piangere le pietre, quella di un popolo arabo che dopo circa 1.200 anni deve lasciare la Palestina, “rubata”per farne una patria per gli ebrei: lo decise l’Onu e lo Stato di Israele nacque nel 1948 come giusto “risarcimento” delle atrocità dei nazisti contro gli ebrei.
Il libro integra in modo armonioso vicende private della famiglia patriarcale di Amal protagonista del romanzo con i fatti e i luoghi precisi documentati da fonti scritte rigorosamente attendibili.
La questione palestinese non ha ancora trovato una composizione e i palestinesi sono una “nazione” per unità di lingua, di religione, di cultura, ma non sono più un “popolo” perché hanno perso un proprio territorio, assegnato ma non ancora riconosciuto sovrano.
I rapporti tra israeliani e palestinesi si sono sempre più logorati e insanguinati con guerre e attentati che alimentano rabbia e furori che noi europei forse non riusciamo a capire. Racconto fatto di espropriazione, buttati in campi profughi “indegni dei topi”, senza diritti.
Dal 7 ottobre 2023 si è aperta l’ultima e più feroce di tutte le guerre del mondo, è strage totale che non risparmia “luoghi sacri” come scuole, moschee, ospedali, singole persone, usa armi di alta tecnologia che aumentano la violenza e uccidono pure il nostro unico focolare che è il pianeta Terra.
La rabbia contro Israele ha fatto nascere l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, è l’OLP moderata di Arafat che arrivò a stringere la mano al premier israeliano Rabin alla presenza di Clinton presidente USA.
Ma la mancata attuazione del progetto “due popoli, due Stati” ha costruito l’opposizione radicale di hamas, palestinesi della hihad (guerra santa) aiutati dagli islamici sciiti dell’Iran contro gli Stati arabi sunniti.
Susan Abulhawa ha scritto molti saggi sulla Palestina fino ad arrivare all’infernale odierna situazione della prigione della striscia di Gaza sotto controllo militare: una barbarie che non si placa, sta facendo un’immensità di morti uccisi tanto da parte palestinese, che ha compiuto un terribile pogrom, quanto da parte del governo di estrema destra israeliano. Anche nell’ultimo romanzo Contro un mondo senza amore intreccia storie private, perdite e ritorni alla storia vera e tanto complicata dell’inquieto e pericoloso Medio Oriente e Mediterraneo, mare conteso da globali interessi economici.
Il dramma è sempre lì testimoniato da fagotti di teli bianchi che portano a sepoltura cadaveri, e da macerie totali. Senza cibo, senza farmaci senza fonti energetiche: è questa carenza che fa morire le persone, è un nuovo tipo di armi. Eppure troviamo vittime femminili in questo e in altri emozionanti romanzi che, malgrado tutto, trovano la forza per andare avanti, per sopravvivere: resistono, aiutano, curano,” amano oltre misura, amano l’amore”, hanno passione politica.
Il libro stimola chi lo legge a buttar via facili tentazioni di indifferenza, se non cinismo e ignavia, per evitare il fallimento globale. Non si può più andare avanti come sempre, la scrittrice palestinese esperta e consapevole ci ricorda che mai come ora nella storia possiamo essere tutti perdenti e nemici dell’uomo e quindi nemici di se stessi.
L’autrice non fomenta odio, ha pietà e rispetto, sempre tenendo fede alla propria umanità con la forza di sopravvivere che solo l’immensa dimensione dell’amore può dare.

Maria Luisa Simoncelli