Lord Byron, eroe romantico insoddisfatto e desideroso della libertà

Duecento anni fa, il 19 aprile 1824, moriva il poeta sempre sospeso tra un continuo tormento interiore e una incessante volontà di stupire e affascinare gli altri

Lord Byron (1788 – 1824)

Vi sono, lungo il corso della storia, personaggi che con la loro personalità e le loro vicende rimangono impressi nel tempo come simboli di un determinato contesto sociale o un peculiare modo di intendere la realtà, e rimandano inevitabilmente ad un periodo ben preciso.
A cavallo tra Settecento e Ottocento, nel pieno dell’età romantica, è uno dei maggiori letterati britannici, Lord Byron, a divenire con la sua indole insofferente alle regole del mondo e la sua inquietudine, non solo uno dei più rappresentativi esponenti del Romanticismo inglese quale fenomeno letterario, ma anche un vero emblema dell’eroe romantico, inteso come uomo tormentato, insoddisfatto verso la società e desideroso della libertà.
Di questo singolare personaggio, che fu sospeso tra un continuo tormento interiore e una incessante volontà di stupire e affascinare gli altri, e che ebbe importanti legami con la Lunigiana storica e il Golfo della Spezia, ricorre quest’anno il duecentesimo anniversario della morte.
George Gordon Byron ebbe fin dagli inizi una vita piuttosto tumultuosa. Nacque nel 1788 a Londra da una famiglia aristocratica, già contraddistinta nella sua genealogia da una serie di personaggi eccentrici e dalla vita sregolata.
Con la madre, con cui crebbe in Scozia, ebbe un rapporto sempre conflittuale e altalenante. Dal padre, che Byron perse a pochi anni di vita, ottenne il titolo nobiliare e il seggio parlamentare che, secondo le leggi allora vigenti, era riservato in via ereditaria alla famiglia presso la Camera dei Lord.
Di questo scranno tuttavia approfittò non molte volte, preferendo un impegno politico più attivo e affine al suo temperamento impulsivo.  La sua più viva passione fu però l’arte poetica, verso la quale dimostrò da subito uno spiccato interesse.
Già negli anni della sua formazione, che lo vide frequentare la prestigiosa Harrow School, un istituto londinese di alto rango, e a livello universitario il Trinity College di Cambridge, affiancò allo studio la composizione di alcuni primi testi poetici. Successivamente li raccolse e li pubblicò in forma anonima in un volumetto chiamato “Fugitive Pieces”.

L’arrivo di Lord Byron a Missolonghi

Poco più che ventenne, Byron intraprese il Grand Tour, viaggio allora d’obbligo per i rampolli delle più nobili famiglie. Il viaggio veniva considerato un rito di passaggio tra età giovanile ed età adulta, con cui i giovani avrebbero avuto la possibilità di migliorare le loro conoscenze e concludere i loro studi visitando i luoghi-simbolo della civiltà classica europea. Nei due anni dal 1809 al 1811 Byron viaggiò per tutto il Mediterraneo, fermandosi nella penisola iberica, a Malta, in Albania e in Grecia, rimanendone estasiato.
L’impatto che la scoperta di luoghi così diversi dall’Inghilterra ebbe su Byron, fondamentale anche per comprendere alcune scelte future della sua vita, fornì uno spunto importante per la realizzazione della sua più importante opera, “Il pellegrinaggio del giovane Aroldo”.
Il poeta racconta le impressioni in lui suscitate dai paesi visitati attraverso il personaggio di Aroldo. In parte autobiografico, Aroldo è un giovane ribelle e disilluso da una vita di agi e piaceri, che assieme ad un amico prova a riscoprire il senso della sua esistenza attraverso viaggi in terre lontane.
Del poema pubblicò i primi due canti nel 1812: fu un successo straordinario. L’interesse dei lettori si concentrò sulla capacità di descrivere le sensazioni evocate dai paesaggi descritti, ma anche sull’anticonformismo del protagonista, che si descrisse come “un giovane Signor, che nel sentiero della virtù trovar cosa non seppe che l’animo appagasse”.
Il successo scaturito dal poema aprì a Byron, diventato personaggio noto, le porte dell’alta società. Gli appuntamenti mondani ai quali partecipava divennero l’occasione per manifestare quel desiderio di trasgressione che sempre aveva dentro di lui.
Numerosi furono i comportamenti licenziosi e le relazioni amorose che intrattenne anche con donne già sposate, ma a creare un vero e proprio scandalo fu il divorzio di poco successivo al matrimonio che contrasse con una nobile inglese. Nel 1816, in un clima di crescente difficoltà e ostilità, Byron si vide costretto a lasciare la sua patria, nella quale non fece più ritorno.

Lord Byron sul letto di morte, opera di Joseph Denis Odevaere (circa 1826)

Cominciò un periodo di peregrinazione, che ebbe come prima tappa Ginevra: nella città elvetica conobbe Percy e Mary Shelley, che proprio in quel periodo stava componendo Frankenstein. L’anno seguente si trasferì in Italia: vi rimase sei anni, periodo nel quale imparò l’italiano.
Visse in diversi luoghi, il primo fu Venezia, dove completò “Il pellegrinaggio del giovane Aroldo” e cominciò un altro grande capolavoro, il poema satirico “Don Giovanni”. Si spostò poi a Ravenna, sulla costa tirrenica (Pisa, Livorno) e quella ligure (Golfo della Spezia, Genova), mantenendo in tutti questi luoghi uno stile di vita provocatore e licenzioso. L’ultimo capitolo della sua vita si svolse in quella terra che già da giovane lo aveva subito conquistato, la Grecia.
Lì la sua indole battagliera e l’interesse per l’impegno politico si unirono e trovarono espressione nel supporto alla lotta per l’indipendenza del popolo greco contro la dominazione turca.
Partito nel 1823, fece in tempo a rimanerci per qualche mese: la morte lo colse infatti l’anno seguente all’età di 36 anni. Di una vita già entrata nella storia fu questo l’ultimo atto, che lo consacrò del tutto poeta ribelle e maledetto, vero e proprio eroe romantico.

Mattia Moscatelli