
Osservazioni dello storico Jacques Le Goff
Fare l’Europa perché non sia mai più dilaniata dalla guerra. Presentando il contributo italiano dell’editore Laterza per la collana di cinque saggi storici per costruire l’Europa, il grande storico Jacques Le Goff scrive che non possiamo fare a meno dell’Europa, che in questi nostri giorni vive la fase più critica della sua storia, così ha detto il presidente Mattarella con una certa preoccupazione.
Lo storico francese osserva che l’Europa si costruisce in continuazione, la grande speranza è quella di realizzare piena unità politica, comune difesa e cooperazione per salvare il pianeta, ridurre la burocrazia, fare più forte l’euro, che potrebbe diventare competitivo come moneta di riferimento col dollaro e in futuro forse con lo yan cinese. Sarà possibile solo se sapremo tener conto della sua storia.
I punti di forza dell’Europa sono nella sua storia, “un passato che non deve paralizzare il presente, ma aiutarlo a essere diverso nella fedeltà, e nuovo nel progresso”. Ha un’eredità di straordinaria creatività, unita nella sua diversità, l’impulso per un nuovo slancio viene dalla cultura, l’arte, la poesia. L’Europa viene da un tempo molto lontano, è stata disegnata dalla geografia, modellata dalla storia già da quando i greci le hanno dato il suo nome (di Europa bella si innamorò Zeus, per sedurla si trasformò in toro e la portò in occidente, il toro divenne la costellazione del cielo).
Le Goff, esploratore massimo soprattutto del Medioevo, conosce bene le difficoltà di “fare l’Europa”: volta all’unità, con opzione anche per la forma federale; viene da tante discordie, guerre, divisioni, ma proprio per evitare altre distruzioni in una prospettiva puntata sul futuro è necessaria la conoscenza del passato tutto intero da Erodoto al nostro presente e in diversi campi – economico, politico, sociale, religioso, culturale. Lo possiamo fare perché disponiamo anche di ricerche e concezioni della storiografia tradizionale e di una rinnovata scienza storica.
Maggio: mese simbolo della nuova Europa
Ad elevare splendidamente il tono della campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo, l’8 e il 9 giugno per tutti i 27 paesi dell’Unione europea e 450 milioni i cittadini con diritto di voto – in Italia per ora deludente tra schermaglie di liste e nomi, con poca sostanza di progetti al di là di slogan generici – il teatro alla Scala di Milano ha eseguito in concerto e coro la IX Sinfonia di Ludvig van Beethoven (Bonn 1771-Vienna 1827), l’unica a chiudere con coro vocale.
La data del 7 maggio ricorda che si sono compiuti due secoli dalla sua prima esecuzione a Vienna nel 1824, presente il grande musicista che, colpito da sordità, poté seguirlo solo sulle vibrazioni. Il breve testo dell’inno, composto da Schiller e messo in musica da Beethoven, è stato scelto come inno ufficiale dell’Unione Europea e definito “Inno alla gioia”.
A Vienna Riccardo Muti ha diretto la IX Sinfonia in concerto, a Milano l’orchestra della Scala ha eseguito il 7 maggio la stessa opera. Il breve testo dell’Inno, tradotto dal tedesco, è una invocazione alla gioia coi suoi doni di bellezza, luce, poesia, è conforto e speranza di pace e d’amore. Gioia, figlia della Luce, Dea dei carmi, Dea dei fior. Il tuo genio ne conduce Per sentieri di splendor. Il tuo raggio asciuga il pianto, perde l’ira, fuga il duol. Vien, sorridi a noi d’accanto, primogenita del Sol.
Anche a chi non conosce il linguaggio musicale, l’ascolto dei 70 minuti di musica di alta qualità della IX Sinfonia (nei movimenti allegro, vivace, adagio, andante) ha dato brividi di emozione e momenti di grazia e intima gioia. Ogni membro dell’orchestra e del coro del Teatro alla Scala ha interpretato la sua scrittura musicale con bellissima forza; commovente il direttore Riccardo Chailly, dirigeva con trasporto e sensibilità, ripresa in primo piano, la sua figura era al centro, stava come abbracciata dal pubblico che aveva coperto ogni posto.
Maria Luisa Simoncelli