Pasqua la gioia che il Signore ci dona

Gli Auguri del Vescovo

Il Vescovo Mario Vaccari

Vivere la Pasqua di Resurrezione è consapevolezza che la gioia che il Signore ci dona passa necessariamente dall’esperienza della croce. «O Dio onnipotente ed eterno (…) fa’ che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della tua passione, per partecipare alla gloria della resurrezione». Ma quale questo grande insegnamento della sua Passione? Il Signore Gesù ha attraversato per noi l’oscurità del peccato perché ha voluto condividere la condizione dell’uomo, sperimentando le conseguenze della lontananza da Dio. Gesù «svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini» (cfr Fil 2,7). E ancora «umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce» (cfr Fil 2,8). In questo modo Gesù ci ha riconciliati tra di noi e con Dio e il suo Spirito di amore, quella relazione tra il Padre e il Figlio, lo ha riversato nei nostri cuori (cfr Rm 5,5).

Carl Heinrich Bloch - La Resurrezione - Museo d'Arte della Brigham Young University. Provo (Utah, Usa).
Carl Heinrich Bloch – La Resurrezione – Museo d’Arte della Brigham Young University. Provo (Utah, Usa).

Ecco allora che nel percorso di ciascuno verso quella consapevolezza che ci fa esclamare, «non sono più io che vivo, Cristo vive in me» (Gal 2,20), ci viene in aiuto la figura di san Francesco, di cui celebriamo gli 800 anni dell’impressione delle Stimmate, vero esempio ci colui che si lascia conformare da Cristo e dalla sua croce. Sappiamo dal Celano che Francesco: ”Meditava continuamente le sue parole e con acutissima attenzione non ne perdeva mai di vista le opere. Ma soprattutto l’umiltà dell’incarnazione e la carità della passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente voleva pensare ad altro”. Dunque dal centenario del Presepe di Greccio celebrato nel Natale 2023 passiamo al centenario delle Stimmate del 2024.

Giotto, Resurrezione e Noli me tangere (1303-1305). Padova, Cappella degli Scrovegni.

Quel Gesù, quel Signore che ha deciso di farsi carne nel grembo della Vergine Maria, è Colui che nelle sembianze di Serafino alato e crocifisso imprime il sigillo nella carne, rispondendo al desiderio di lui, alla sua domanda, alla sua preghiera: « O Signore mio Gesù Cristo, due grazie ti prego che tu mi faccia, innanzi che io muoia: la prima, che in vita mia io senta nell’anima e nel corpo mio, quanto è possibile, quel dolore che tu, dolce Gesù, sostenesti nella ora della tua acerbissima passione, la seconda si è ch’ io senta nel cuore mio, quanto è possibile, quello eccessivo amore del quale tu, Figliuolo di Dio, eri acceso a sostenere volentieri tanta passione per noi peccatori ». (II Considerazione delle Stimmate). L’incontro con il Serafino crocifisso e l’ascolto della sua parola di misericordia trasformarono le ferite di Francesco in stimmate di Cristo. Sul Monte della Verna, il santo fu segnato definitivamente dalla logica di Dio impressa sul corpo di Gesù. Il paradosso della sofferenza e del male è risolto nell’esperienza della compassione e dell’amore. La sua morte, la sua risurrezione ci donano la guarigione proprio perché significano non una fuga dal male e un’alienazione dalla creazione decaduta, ma un suo coinvolgimento incondizionato e senza limiti in essa.

La croce conduce alla resurrezione e non si dà risurrezione senza croce: qui sta la nostra speranza certa. Il Signore crocifisso e morto per noi, è Risorto Sì, è veramente Risorto!.

† Mario Vaccari