Promuovere la vita, impegno di tutti

Domenica 4 febbraio la Chiesa italiana celebra la 46ª Giornata Nazionale per la Vita. L’associazione tra Giornata della Vita e i temi etici è immediata e doverosa: la comunità dei credenti non può rinunciare ad affermare il magistero ecclesiale sull’interruzione di gravidanza e non può rimanere inerte di fronte alle sfide bioetiche che l’evoluzione della scienza propone, talvolta banalizzando la materia del fine vita; è chiamata a farlo con lo stile, sottolineato spesso da Papa Francesco, di chi non trasforma la dottrina in «pietre morte da scagliare contro gli altri», ma si impegna di «proclamare la misericordia di Dio» verso chi è coinvolto in questi drammi. Ma associare la Giornata per la Vita al solo questi temi è limitativo: il valore della vita va contestualizzato nel principio generale dello sviluppo umano integrale.

Il messaggio pubblicato dalla Conferenza Episcopale Italiana, intitolato «La forza della vita ci sorprende» va in questa direzione e invita a interrogarci sulle «numerose circostanze in cui si è incapaci di riconoscere il valore della vita», evidenziando diverse situazioni in cui si tollera che venga messa a repentaglio: «La vita del migrante vale poco – si legge nel messaggio della Cei – per cui si tollera che si perda nei mari o nei deserti o che venga violentata e sfruttata in ogni possibile forma. La vita dei lavoratori è spesso considerata una merce, da “comprare” con paghe insufficienti, contratti precari o in nero, e mettere a rischio in situazioni di patente insicurezza. La vita delle donne viene ancora considerata proprietà dei maschi – persino dei padri, dei fidanzati e dei mariti – per cui può essere umiliata con la violenza o soffocata nel delitto.

La vita dei malati e disabili gravi viene giudicata indegna di essere vissuta, lesinando i supporti medici e arrivando a presentare come gesto umanitario il suicidio assistito o la morte procurata. La vita dei bambini, nati e non nati, viene sempre più concepita come funzionale ai desideri degli adulti e sottoposta a pratiche come la tratta, la pedopornografia, l’utero in affitto o l’espianto di organi. Tante sono dunque le “vite negate”, cui la nostra società preclude di fatto la possibilità di esistere o la pari dignità con quelle delle altre persone». Il principio della pari dignità vale per i credenti, che guardano il mistero della vita riconoscendo in essa un dono di Dio, ma anche per i non credenti che convivono in una società la cui Costituzione sancisce esplicitamente la pari dignità sociale di ogni cittadino nel suo articolo più importante, il terzo. La vita ha dunque solide ragioni che ne attestano la dignità e il valore, sempre e ovunque. Nessuno può eludere questo principio che oltrepassa i confini della fede o delle personali posizioni etiche: promuovere la vita è impegno di tutti.

Davide Tondani