Che agricoltura difende la protesta dei trattori?

La protesta dei trattori che sta dilagando in Europa punta il dito contro i provvedimenti dei singoli governi nazionali, ma ha come denominatore comune il dissenso contro le politiche comunitarie e in particolare l’agenda ambientale – il cosiddetto Green Deal – che dovrebbe portare alla neutralità climatica entro il 2050. Per raggiungere lo scopo l’Europa chiede agli agricoltori di eliminare i pesticidi dannosi, di aumentare la rotazione delle colture, di introdurre nuove tecnologie, ridurre le emissioni, abbandonare le pratiche intensive. L’opposizione del mondo agricolo a questi sacrifici è più eclatante ma analoga a quella di tanti altri portatori di interessi. Per tutti vale la regola (tragica) dei beni comuni – e il clima è uno di questi – per la quale, a fronte della necessità di salvare il bene comune, nessuno vuole modificare il suo agire, ma spera che lo facciano gli altri.

Gli agricoltori europei però non sono come altre categorie quando si parla di finanziamenti comunitari. In un’Europa gli aiuti di Stato sono ormai considerati un attentato al funzionamento del libero mercato, ma la politica agricola comune (Pac) rimane generosissima. Nel 2021 la Pac rappresentava il 33,1% del bilancio dell’Ue, pari a 55,7 miliardi di euro. Di questi, 40,4 miliardi erano sostegni al reddito e misure di mercato: cifre inferiori al 66% del bilancio comunitario dei primi anni ’80, quando per mantenere alto il livello dei prezzi agricoli si finanziava la distruzione dei raccolti o la non coltivazione, ma comunque rilevanti. Il prossimo giugno ci saranno le elezioni europee e 10 milioni di aziende agricole con 17 milioni di addetti sono un patrimonio di voti che nessuno vuole lasciare all’estrema destra che si infiltra in manifestazioni che paradossalmente riscuotono tante simpatie anche in una poco attenta opinione pubblica di sinistra.

Giornata del Ringraziamento della Coldiretti: partenza dei trattori de piazza della Repubblica a Pontremoli

Quindi la Commissione Europea medierà e andrà parzialmente incontro alle richieste del mondo agricolo. La prevedibile retromarcia di Bruxelles favorirà tuttavia le grandi organizzazioni espressione dell’agricoltura industriale, un 20% di coltivatori aderenti a grandi e discusse corporazioni a capo della protesta e a cui già oggi va l’80% della Pac. Per i piccoli produttori strozzati dai prezzi imposti dalla grande distribuzione o in balia delle oscillazioni di prezzo determinate da una speculazione finanziaria priva di regole rimangono le briciole, mentre i micro-allevamenti di montagna (pensiamo alle nostre valli) sono lasciati da soli e spesso costretti a chiudere di fronte al ritorno dei predatori. In un universo agricolo variegato per dimensioni e potere d’influenza, non sarà la marcia dei trattori a difendere quell’agricoltura piccola e media dall’aria bucolica che abili campagne comunicative rendono virale in questi giorni sui social network.

Davide Tondani