La spongata: dolce delle Feste e dell’amore

Ogni area ha la sua ricetta. Non mancava mai sulla tavola natalizia ma era anche promessa di matrimonio

Nel 2018, durante la manifestazione invernale di “Sapori”, a Fivizzano si tenne la prima edizione del concorso dedicato alla miglior spongata, “due dischi che racchiudono un ripieno”. Sei i concorrenti e la giuria, composta da Ragna Engelberg, delegata dell’Accademia italiana della cucina, Gabriella Molli, ricercatrice e scrittrice, Rolando Paganini, esperto di gastronomia, assegnò la vittoria alla spongata di Giuliana Venturini di Posara, perché “più fedele alla tradizione nello stampo, nella bella apparenza, nella pasta sottile, nell’armonioso ripieno”.
È difficile ricostruire una storia puntuale della spongata, da alcuni fatta risalire ai tempi di Ovidio, sicuramente al secondo Ottocento, quando fu citata dal pasticciere Marc’Antonio Ceppellini e da due parroci, che indicavano i tempi di cottura in “due Ave Maria, un Credo, due Pater Noster e un’Ave Maria…”.
Durante un’edizione di “Sapori” di alcuni anni fa Nadia Folegnani, già titolare di un forno in via Roma a Fivizzano, raccontava di aver ottenuto una ricetta di spongata, tenuta nascosta, per vari anni, da una signora del posto e di averla utilizzata con qualche aggiunta lunigianese (miele, pinoli, fichi…).
La ricetta era stata portata dagli Svizzeri dell’Engadina (era detta, e lo è ancora, anche “Torta dei Grigioni”), stabilitisi a Fivizzano, come in altri luoghi della Lunigiana, nel XIX secolo. Qui fondarono il Bar Elvetico, che lasciarono nel 1907, quando partirono per l’America. Ne rimane il ricordo non solo nel nome di un bar, ma anche nel cimitero, detto “Degli Svizzeri”, dove furono sepolti alcuni di loro perché protestanti.
Della spongata, fivizzanese secondo alcuni storici, si hanno notizie che risalgono al Rinascimento, quando il poeta panicalese Ventura Peccino (o Pecini, o Piccini) cantava, alludendo, secondo Targione Tozzetti, alla spongata fivizzanese: “Sia i Liguri che i Galli esportano focacce, cui usiamo dare sapore con miele, zafferano e pepe. Gli esperti giurano di non averne mai gustate di migliori’.
Certo è che, col passare del tempo, a Pontremoli, Sarzana e Fivizzano gli impasti variamente manipolati raggiunsero “tali perfezioni di gusto che la spongata era richiesta in varie zone d’Italia”.
A Fivizzano questo dolce, dal nome che pare derivato da una parola ebraica che significa “cosa ripiena” o dalla sforacchiatura che si faceva sulla crosta in una pausa della cottura, è sempre rimasto un prodotto artigianale, mai entrato nelle grandi produzioni e ora molto limitato.
La ricetta più diffusa, a Fivizzano, come ricostruita dalla signora Folegnani, può essere ricondotta ai seguenti ingredienti: fra due dischi di pasta frolla tirata a mano va inserito l’impasto, tenuto a riposo per tre giorni, di pane tostato, miele, vino bianco, noci, pinoli, cioccolato fondente, cedro candito, uva sultanina, speziato con cannella. In occasione della festività del Santo Natale non mancava in nessuna tavola in Lunigiana e nelle province vicine, ma la tradizione racconta che la spongata (o spungata, o spungarda), era anche il regalo che il fidanzato faceva alla fidanzata come “pegno d’amore e come promessa di matrimonio”.

Andreino Fabiani