Domenica 12 novembre – XXXII del Tempo Ordinario
(Sap 6,12-16; 1Ts 4,13-18; Mt 25,1-13)
In queste ultime tre domeniche dell’anno liturgico leggiamo la parte finale del quinto grande discorso del vangelo secondo Matteo, il discorso che riguarda le cose ultime e il giudizio finale, che sarà senza appello. Pertanto è inevitabile il richiamo all’attesa, alla vigilanza, alla prudenza.
1. L’incontro con lo sposo. La parabola delle dieci vergini nel complesso è un invito immediato alla vigilanza di fronte alla venuta dello sposo; i particolari del racconto non si comprendono facilmente, perché non conosciamo le usanze del tempo, come avveniva l’accoglienza dello sposo e dove si trovava la sposa (che nei quattro vangeli non è mai nominata).
Non sembra neppure che la scena si svolga nel clima festoso di una celebrazione nuziale, come altre volte è descritta nei vangeli, anzi le ragazze del corteo si addormentano tutte, anche quelle ritenute sagge.
La sapienza nella rivelazione biblica non significa impeccabilità, ma capacità di ravvedersi, come si legge nei Proverbi: “Se il giusto cade sette volte, egli si rialza, ma i malvagi soccombono nella sventura” (Pro 24,16).
2. Dateci un po’ del vostro olio. Lo sposo arriverà, non si sa quando, ma appena arriva deve essere accolto con le lampade accese, cioè con la fede illuminante e con le opere, le quali non si improvvisano all’ultimo minuto e neppure si possono chiedere in prestito, ma si preparano nel corso di tutta la vita.
La tradizione cristiana vede nella luce delle lampade la fede e le opere buone, come preghiamo nella Liturgia delle Ore: “Signore, le sante vergini ti vengono incontro con le lampade accese, non permettere che manchi mai alle anime consacrate la luce della fedeltà e dell’amore”.
La fede è un rapporto personale con Dio che coinvolge tutta la persona, illumina l’esistenza e si esprime nelle opere di carità. Fede in Dio e amore verso i fratelli sono due aspetti della vita cristiana intimamente collegati.
Se la fede non plasmasse le scelte decisive di una persona, sarebbe una cosa ben miserabile, sarebbe una superstizione.
3. Non sapete né il giorno né l’ora. Per quanto i ritrovati della scienza moderna abbiano allungato la vita, ad un certo momento anche noi dovremo andare incontro allo sposo.
Allora lasceremo la scena di questo mondo: dopo aver fatto la nostra comparsa e aver compiuto la nostra missione, ce ne andremo in pace con Dio, con la nostra coscienza, con i fratelli.
Altri raccoglieranno quello che noi abbiamo seminato, come anche noi abbiamo raccolto quello da altri seminato.
Ce ne andremo con serenità, dicendo come san Paolo: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede”.
Con le lampade accese della nostra fede e delle buone opere andremo incontro al Buon Pastore che ci attende a braccia aperte, e riceveremo da lui la ricompensa, perché saremo da lui “conosciuti”.
† Alberto