
A “Pordenonelegge” nel settembre scorso c’è stata la presentazione di “L’ultima cosa bella sulla faccia della terra“di Michael Bible (Edizioni Adelphi pagg.136 euro 16, traduzione di Martin Testa) esordio folgorante di un giovane autore nato in un paesino in North Carolina simile alla Harmony del testo e che ora vive a New York.
Le sue dichiarazioni esemplificano con chiarezza che il suo progetto mira a comporre un’opera contraddistinta dalla specifica sintesi con la quale nei tempi si erano prodotti i suoi riferimenti come Carson Mc Cullers di “Invito a nozze”, Bohumil Hrabal di “Una solitudine troppo rumorosa“ o il Camus de “Lo straniero”.
Usare l’essenziale per raccontare il tutto. Vagamente impressionato da eventi reali racconta la storia di Iggy, giovane abitante del luogo che trascorre il tempo tra noia, indifferenza, disagio percorso secondo i toni di quello che lui definisce “la Costante”, un’astrazione, una specie di terrore continuo, un’oscurità sotto le cose, da cui è ossessionato.
Tra sbronze frequenti, amicizie improbabili, amori disattenti attraversati da riflessioni dai toni religiosi o misticheggianti frutto della cultura biblica tipica di queste zone del sud decide di immolarsi appiccandosi il fuoco sulla vaga memoria dei bonzi al tempo del Vietnam.
Solo che, impacciato e confuso, causa la morte di venticinque persone nella chiesa battista dove aveva progettato il gesto.
Ora si trova in carcere in attesa della esecuzione capitale ripercorrendo gli eventi mentre in una sorta di coro greco sentiamo anche le considerazioni dei membri della comunità mostrando come lo stesso evento influenzi persone diverse.
Dichiarandosi debitore nei confronti delle opere di William Faulkner, Virginia Woolf e Flannery O’Connor sul piano stilistico persegue però anche un diretto atto di accusa nei confronti della filosofia di vita tipicamente americana in cui individua uno scollamento atroce tra l’apparente necessario diritto alla felicità con la sostanziale indifferenza del comportamento reale.
Questo in fondo è la sostanza delle riflessioni del coro greco degli abitanti di Harmony cui lo stesso Iggy guarda come a condannati alla medesima pena. Struggente, sinteticamente fonte di infinite possibili riflessioni questo romanzo si pone come un vero caso letterario e non solo.
Ariodante Roberto Petacco