
Ad Aulla la conferenza di Maurizio Ratti, direttore dell’Osservatorio Meteo di Pontremoli

Ci sono evidenze in Lunigiana di mutamenti del clima? Certo che ci sono… e il problema era già evidente una ventina di anni fa, come indicato dai numeri che, in quanto tali, sono ben lontani da qualsiasi posizione ideologica. Il clima cambia, il riscaldamento globale aumenta anno dopo anno, in un processo che si va accelerando. E la Lunigiana non fa eccezione.
Se ne è parlato ad Aulla nel pomeriggio di sabato 25 novembre, nell’incontro organizzato dall’Associazione Amici di San Caprasio con Apua Mater e l’Istituto di Studi Liguri incentrato sulla relazione di Maurizio Ratti, direttore dell’Osservatorio di Pontremoli, componente della Società Metereologica Italiana ed autore, tra l’altro, dell’atlante climatico della Provincia di Massa Carrara.

Nel salone polifunzionale della parrocchia di San Caprasio, Maurizio Ratti ha illustrato un tema complesso ma che tutti abbiamo il dovere di comprendere perché riguarda il nostro presente e, soprattutto, la vita dei giovani di oggi e il futuro delle nuove generazioni.
Un avvenire ormai prossimo, visto che i cambiamenti sono già evidenti a tutti, anche a chi ha scelto di mantenere posizioni negazioniste smentite dagli eventi che si manifestano con frequenza pressoché quotidiana.
Una riflessione sulla variabilità climatica (quella che mostra le differenze tra un anno e l’altro) e sui mutamenti climatici (quelli che evidenziano cambiamenti importanti e duraturi come accadde ad esempio per la Piccola Glaciazione avvenuta tra XV e XIX secolo) e sull’evoluzione del clima che si basa sulla serie storica dei dati dell’Osservatorio Meteo di Pontremoli.
Un patrimonio prezioso, che oggi permette analisi scientifiche fondamentali per il nostro territorio, molte delle quali Maurizio Ratti ha illustrato ai partecipanti all’incontro di Aulla. Riflessioni che il responsabile dell’Osservatorio pontremolese condivide ogni settimana con i lettori del Corriere Apuano.
Una per tutte: se a livello globale negli ultimi quattro decenni la temperatura media è aumentata di un grado, localmente l’aumento può essere stato anche più elevato; è il caso del Mediterraneo, una delle aree dove il surriscaldamento presenta punte superiori ad altre zone della Terra.

E la Lunigiana non fa eccezione: infatti nel nostro comprensorio la temperatura media è aumentata di 1,5 °C! Potrebbe sembrare poco, ma se si riflette sulle implicazioni si capisce che le conseguenze possono essere molto gravi.
Nel trentennio 1991-2020 la temperatura media registrata a Pontremoli nel mese di gennaio è stata di 5°C, mentre era di 3,5°C nel trentennio 1961-1990. Il che significa scarsità o addirittura mancanza di precipitazioni nevose e visto che la neve non è utile solo per gli sport invernali ben si comprendono le gravi implicazioni che questo aumento può determinare.
Qualcuno potrebbe obiettare che ci sono anni di nevicate abbondanti, almeno dalle quote collinari più alte fino al crinale; è certamente così, come nel caso degli accumuli di neve del 2020. Ma anche queste nevicate hanno un effetto limitato perché la temperatura più alta ne determina lo scioglimento in tempi rapidi, rendendo sempre più certo che ormai nel nostro Appennino non ci sono più le condizioni climatiche perché il manto bianco resti a lungo.
Sempre i dati ci spiegano come l’ultimo inverno che si possa definire freddo è stato quello del 1984: poi dal 1988 ad oggi la crescita della temperatura è stata pressoché costante, fino al record assoluto del 2022, in una corsa che non sembra avere cedimenti.
Certo – è stato detto – non mancheranno episodi di periodi più freddi, ma anche in questo caso le temperature saranno probabilmente sempre superiori a quelle di pochi anni fa. Ma la scarsità di neve, i capricci della pioggia, il sole che si fa più caldo non provocano solo cambiamenti delle nostre abitudini.
Come ha ben sottolineato Maurizio Ratti le conseguenze del riscaldamento si annunciano potenzialmente molto serie: biodiversità minacciata, comparsa di nuovi parassiti e malattie, scarsità dell’acqua disponibile, crisi energetica, migrazioni di massa dai territori resi inospitali e inevitabili conflitti.
Con la prospettiva – aggiungiamo noi – che gli effetti che stiamo vivendo nel nostro presente siano solo un’avvisaglia.
Una conferenza sul clima che cambia, tenuta ad Aulla, non poteva evitare il tema delle alluvioni, a dodici anni da quell’ ottobre 2011 quando la città fu in gran parte invasa dall’acqua del fiume Magra.
Le alluvioni, dunque, si possono evitare? La risposta è stata chiara: no! Perché sono eventi naturali. Ma sono gli effetti delle alluvioni che di naturale non hanno nulla, perché questi sono determinati dalle scelte e dalle opere dell’uomo.
atti ha citato il caso dell’alluvione registrata ad Aulla il 21 ottobre 1952: la grande quantità di pioggia caduta in Alta Lunigiana arrivò alla confluenza con l’Aulella sotto forma di una grande fiumana. Anche allora uscì dall’alveo, ma all’epoca nelle aree adiacenti il centro che vennero sommerse c’erano quasi esclusivamente campi (agricoli o sportivi che fossero) e i danni furono limitati.
Cinquantanove anni dopo le cose sono andate, purtroppo, molto diversamente. Perché se le cause delle alluvioni sono naturali (la quantità di pioggia che cade) gli effetti sono determinati dalle scelte dell’uomo.
(p. biss.)