
Terra Santa. Il card. Pierbattista Pizzaballa ai presidenti delle Conferenze episcopali europee riuniti a Malta

“È scoppiata questa guerra ma non si vede come possa concludersi. Non c’è una exit strategy. Finiti i bombardamenti, finita l’operazione militare, cosa accadrà?”.
È questa la preoccupazione forse più grande che il card. Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini, in collegamento, ha espresso, il 27 novembre, ai presidenti delle Conferenze episcopali europee riuniti a La Valletta.
Da qui una preghiera e una richiesta: “Fatevi partecipi verso i vostri governi affinché tengano presente la situazione e aiutino queste due popolazioni a trovare vie di uscita possibili perché da soli dubito che riusciranno”.
“È importante anche come Chiese – ha aggiunto – cercare di utilizzare un linguaggio che non sia esclusivo”, che non si schieri cioè tra i pro e i contro, che eviti di cadere nella logica dello ‘stare con l’uno significa essere contro l’altro’.
“Soprattutto come cristiani non dobbiamo cadere nella trappola delle narrative opposte, ma cercare di dire le cose con verità, condannare quanto è successo il 7 ottobre, ma anche farsi portavoce del dolore delle troppe vittime palestinesi e trovare un linguaggio inclusivo. Non è semplice in questo momento” ma occorre “cercare di tenere per quanto possibile la verità, ma anche l’amicizia”.

Il card. Pizzaballa ha aggiornato i vescovi europei sulla situazione della popolazione cristiana. A Gaza – ha detto – ci sono circa un migliaio di cristiani riuniti in due complessi. Circa 700 sono rifugiati nel complesso della chiesa cattolica latina e circa 200 nella vicina chiesa ortodossa. Si trovano nella parte nord della Striscia che secondo le indicazioni dei militari dovrebbe essere evacuata ma “i nostri cristiani non vogliono lasciare, semplicemente perché non sanno dove andare. La metà degli edifici sono distrutti, tutte le infrastrutture sono distrutte. Non c’è acqua, né nessuna forma di approvvigionamento”.
Il cardinale racconta che il Patriarcato è riuscito attraverso agenzie umanitarie a far arrivare loro il minimo necessario: viveri e acqua che è il problema principale, perché le strade sono distrutte e il suo trasporto richiede un coordinamento con le forze militari.
In tutta questa situazione “la comunità cristiana si sta comportando bene”, dice Pizzaballa, nonostante le difficoltà e i giorni che passano rinchiusi in un complesso che non era costruito per essere un rifugio, nonostante le tensioni e gli ostacoli di ogni tipo.
Qualche giorno fa dopo l’ennesimo invito ad evacuare da Gaza hanno detto di nuovo no: “Noi non vogliamo partire. In questo diluvio di bombe, vogliamo essere come l’arca di Noè”. Le previsioni sul futuro sono molto preoccupanti. “Dopo questa guerra non sappiamo cosa resterà. Quasi tutte le case delle nostre famiglie cristiane sono state distrutte”.
Ma la situazione è difficile anche nei territori della Cisgiordania. I permessi dei palestinesi in Israele sono stati cancellati, tranne per i lavori nella sanità, negli ospedali e nelle scuole. Sono quindi scomparse le due risorse principali: il lavoro in Israele e i pellegrinaggi.
“È pertanto una situazione sociale molto difficile, una povertà preoccupante”. Ma a preoccupare è anche “l’impatto emotivo che questa guerra ha avuto sulle popolazioni israeliana e palestinese: c’è un odio profondo e un forte risentimento tra le due parti”.
Negli ospedali dove ci sono ebrei e arabi, gli ebrei non vogliono più essere curati da medici e infermieri arabi e viceversa. Forme di coesistenza in questo momento scomparse. Bisognerà lavorare quindi su questo e il cammino si prevede lunghissimo.
Bisogna lavorare, è l’appello del cardinale di Gerusalemme, per una strategia politica e sociale di uscita e farlo il prima possibile.
I vescovi hanno accolto le parole del card. Pizzaballa; mons. Gintaras Grušas, arcivescovo di Vilnius e presidente del Ccee, sono dedicate alla pace. “Diciamo con forza il nostro no alla guerra, essa è una sconfitta per l’umanità. La violenza non può essere un modo per difendere una causa: rinnoviamo l’appello per un cessate il fuoco definitivo”.
(M.C.B. Agenzia Sir)