
Domenica 15 ottobre – XXVIII del tempo ordinario
(Is 25,6-9; Fil 4,12-14.19-20; Mt 22,1-14)
La parabola delle nozze presentata oggi sembra di facile comprensione, ma in realtà è una delle più strane. Si parla di nozze e non si parla della sposa; il padrone prepara la mensa prima di contare gli invitati; costoro maltrattano e uccidono i messaggeri che li invitano; il re manda l’esercito a distruggere la città di chi rifiuta l’invito: una punizione alquanto drastica; il pranzo è lì sempre pronto e non deperisce, anche non esistevano congelatori. Il culmine del paradosso è la punizione (fin troppo esagerata) per chi non aveva l’abito nuziale: ma se è stato chiamato quando era per strada, come poteva avere con sé l’abito nuziale?
1. Una festa di nozze. La parabola diventa comprensibile se viene letta come l’invito a partecipare al Regno di Dio, anticipato sulla terra dalla celebrazione della Eucaristia. Diciamo durante la Messa: “Beati gli invitati alla cena dell’Agnello”, riprendendo le parole dell’Apocalisse: “Beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello!”.
La mensa è pronta da sempre, anche prima che noi fossimo chiamati; tutti siamo invitati, ma dobbiamo avere un minimo di preparazione, perché non si prende la Comunione come si va al banco alimentare.
2. Tutti quelli che trovate, chiamateli. La storia della salvezza è una storia di vocazioni, un intreccio di chiamate da parte di Dio e di risposte da parte degli uomini. Quello che ci viene chiesto è una vita di alleanza sponsale con Cristo nella Chiesa.
Dio è libero nel chiamare chi vuole e quando vuole; l’uomo personalmente interpellato, se risponde alla chiamata, si mette in un cammino che conduce ad una crescente intimità con Dio e ad una disponibilità sempre più pronta alle esigenze della sua volontà.
La libera risposta alla chiamata colloca l’uomo davanti a Dio nell’atteggiamento proprio della Chiesa, che quello di essere sposa, soggetta al cuore dello sposo come il figlio è sottomesso al cuore del Padre.
Accoglimento della chiamata, donazione e contraccambio di sé, reciproco ricevere e dare, arricchirsi ed esultare per la pienezza dell’altro: questa è la virtù teologale della Agape, parola entrata nell’uso comune per indicare sia la mensa, sia la carità fraterna.
3. Molti sono chiamati, pochi eletti. Molti, vale a dire tutti, sentono la chiamata di Dio, ma solo pochi corrispondono: la risposta positiva non è purtroppo scontata.
Già la Chiesa primitiva era consapevole che la comunità degli eletti non comprende tutta la società umana, però coloro che sono eletti perché hanno corrisposto alla chiamata, diventano punto di riferimento anche per coloro che restano lontani.
Chi rifiuta, si colloca in una strada di ricerca che presto o tardi lo porterà a risultati positivi, perché l’appartenenza alla Chiesa, come la vita di fede, è un cammino in salita e non un possesso stabile. Per chi resta indifferente, non c’è alcuna speranza: chi è freddo nel male è freddo anche nel bene.
† Alberto