“Le chiese nelle città come porti sul mare”

Conclusi, con la Messa celebrata dal vescovo Mario, i festeggiamenti per i 300 anni dalla dedicazione del Duomo di Pontremoli

La solenne celebrazione eucaristica del 6 ottobre ha concluso i festeggiamenti per il 300° anniversario della Dedicazione del Duomo di Pontremoli. Mons. Mario Vaccari ha presieduto la S. Messa delle ore 18 – animata dai canti della Corale S. Cecilia -, affiancato dal vicario generale, don Marino Navalesi, dai parroci della città, i vicari foranei ed altri sacerdoti della Lunigiana. Presenti le autorità civili e militari.
Nella sua omelia, il vescovo Mario ha guidato l’assemblea a “trovare il senso vero della chiesa costruita con le pietre ma segno di un edificio spirituale che va molto oltre il significato e la bellezza dell’edificio stesso”. È il profeta Isaia, nel brano della prima lettura, a preannunciare che “questa casa che il Signore sta costruendo sarà una casa di preghiera per tutti i popoli”, così come, in precedenza, ha parlato “degli stranieri che saranno accolti in questa casa perché sarà una casa che accoglie tutti”.
La stessa parola usata con forza da papa Francesco a Lisbona: “Todos, todos, todos”, a dire che missione della Chiesa è accogliere tutti. Se comprendiamo questo, “noi per primi ci dobbiamo sentire parte di queste persone accolte: non per un privilegio particolare… ma perché il Signore ci ha accolti così come siamo… e ci ha amati molto prima che noi potessimo convertirci e costruire dei cammini rivolti verso di lui”.
S. Giovanni Crisostomo, parlando delle chiese, scrive che “Dio ha costruito le chiese nelle città come porti sul mare, affinché coloro che in essa verranno a mettersi al riparo dalle tempeste della vita, vi trovino la piena tranquillità… È un porto al riparo da ogni male, porto spirituale delle anime… La Chiesa, quindi, come luogo dove si ascolta la Parola, che dalle orecchie penetra nel cuore e nel cuore mette a tacere quelle passioni, quelle forze che tante volte sconvolgono la nostra vita”.

Vista dall'alto della facciata del Duomo di Pontremoli (Foto Studio di Architettura ARA12)
Vista dall’alto della facciata del Duomo di Pontremoli (Foto Studio di Architettura ARA12)

Allora, è di certo importante la bellezza dell’edificio “ma, direbbe Gesù, non fermatevi alle belle pietre perché quello che conta è il mistero a cui la chiesa richiama: la sua morte e la sua risurrezione”. La stessa assemblea a forma di croce fa sì che tutti coloro che vi partecipano, formino insieme una croce orientata all’altare, dove Gesù “dona la sua vita per tutti noi”.
Ci guida a comprendere il significato profondo della chiesa fatta di mattoni l’apostolo Pietro: un edificio costruito sulla pietra angolare che è Gesù, che i costruttori hanno scartato. “Una pietra scelta e preziosa per Dio su cui ciascuno costruisce la propria vita, per come può, per come sa, per il perdono che riceve, per la forza dello Spirito Santo che irradia le sue scelte di vita”.
“Ma il salto grande, ha spiegato il vescovo, ce lo fa compiere il Vangelo che abbiamo ascoltato. Gesù parla a lungo a una samaritana, una donna il cui culto non era a Gerusalemme, era in Samaria”.
Quando la donna gli chiede: ‘Dove, allora, dobbiamo adorare Dio?’, Gesù le risponde: ‘Viene l’ora in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità’. “Il Padre, cioè, viene adorato attraverso Gesù, che è la via che porta al Padre, e attraverso lo Spirito Santo, che ci viene dato da Gesù nell’atto della sua morte”.
“Dio si incontra ovunque perché è dentro di noi: ‘dove due o tre pregano insieme, là io sono in mezzo a loro’. Qualunque posto, quindi, è un posto buono per rivolgere a Dio questo sguardo tenero perché veramente riusciamo a vivere l’amore di Dio per noi, come per tanti altri e quindi adorarlo insieme in Spirito e Verità”.
Celebrare la dedicazione della chiesa significa andare nel profondo della nostra fede, del nostro modo di adorare e di pregare Dio in Gesù e nello Spirito Santo.
Il tempio è un luogo dove ascoltiamo la Parola, ma il luogo dove dobbiamo restare è nel mondo. E quindi quando il sacerdote dice “andate, la Messa è finita”, dice: “portate quella pace, quella dimensione spirituale che avete ritrovato, quella gioia che avete provato per portarla al mondo lì fuori perché la casa di Dio si possa riempire e diventi sempre di più una casa di preghiera per tutti i popoli”.

(a. r.)