
Nasceva a Genova duecento anni fa, il 30 ottobre 1823. Si occupò anche degli arsenali di Venezia e di Taranto. Una visita a Suez alla base della morte nel 1870
Nella piazza che delimita l’estremità dell’area urbana della Spezia di fronte all’Arsenale Militare, la statua di Domenico Chiodo (1823 – 1870) raffigura l’ufficiale e ingegnere mentre osserva, compiaciuto, la città con alle spalle forse la sua opera più importante, di certo la più nota almeno per quanto riguarda i suoi concittadini.
Il monumento è una delle ultime opere dell’artista genovese Santo Varni (1807 – 1875) che la scolpì nel 1878, pochi anni dopo la scomparsa del generale. Proprio in questi giorni ricorre il secondo centenario dalla nascita del generale, avvenuta a Genova il 30 ottobre 1823 in una delle famiglie più importanti e influenti dell’allora Regno di Sardegna.
Il padre, Giovanni Battista, fu maggiore generale del genio marittimo del Regno, mentre lo zio Agostino, anch’egli generale, fu politico importante che, per alcuni mesi nel 1849, arrivò a ricoprire la carica di presidente del Consiglio dei Ministri del Regno di Sardegna del quale fu anche senatore prima di diventarlo del neonato Regno d’Italia.
Il giovane Domenico, dopo aver frequentato la scuola di Marina a Genova, nel giro di un decennio passò dal grado di guardiamarina a quello di capitano in servizio all’arsenale del capoluogo ligure.
Era la fine del 1948 e pochi anni dopo, nel 1853, venne inviato da Cavour alla Spezia: il conte, dal novembre dell’anno precedente, era stato chiamato, dal re Vittorio Emanuele II, a presiedere il Consiglio dei Ministri.

Il Regno di Sardegna doveva dotarsi un arsenale militare che a lungo era stato ipotizzato dovesse sorgere proprio a Genova. Ma la città, con il suo grande porto commerciale e per le caratteristiche della costa, poco si prestava a tale destinazione.
Cavour riprese dunque il progetto napoleonico di realizzare un arsenale nel golfo della Spezia, particolarmente vocato allo scopo sia dal punto di vista morfologico che da quello militare perché facilmente difendibile.
Domenico Chiodo alla Spezia si trovò di fronte un borgo marinaro di modeste dimensioni, ma un’area che offriva ampie opportunità di scelta per l’organizzazione della nuova grande opera strategica per il Regno.
E ben presto decise di abbandonare l’idea di utilizzare l’area del Varignano già sostenuta dal ministro della Marina, generale Alfonso La Marmora, su proposta del colonnello del Genio Damiano Sauli.

Il giovane ingegnere genovese preferì le aree costiere pianeggianti esistenti sul lato orientale dell’abitato, fra le altre cose ben protette da eventuali tiri di artiglieria. Il progetto venne presentato nella primavera del 1861 e approvato nel giugno successivo, quando ormai il Regno era quello d’Italia.
Iniziati l’anno seguente, i lavori terminarono nell’estate di otto anni dopo. In quegli anni Domenico Chiodo si occupò anche della nuova organizzazione dell’arsenale di Venezia e della progettazione di quello di Taranto, città che alla metà degli anni Sessanta era stato scelta per la sede di una nuova grande base navale.
Se nel 1869, con la grande inaugurazione dell’arsenale militare della Spezia, si assistette al momento più alto nella carriera dell’ufficiale, avvenne anche il fatto che avrebbe determinato la fine della sua vita.
Nel novembre 1869 venne infatti inviato a Suez a rappresentare il Regno d’Italia alla cerimonia di inaugurazione del Canale. Qui contrasse la malaria che, pochi mesi dopo, il 19 marzo 1870, ne determinò la morte alla Spezia.
Fu sepolto a Genova, nel cimitero di Staglieno.
Paolo Bissoli