La comunità cattolica della Mongolia: un piccolo gregge animato da una fede viva

Papa Francesco ha testimoniato la vicinanza della Chiesa del lontano paese stretto fra Russia e Cina

Papa Francesco all’ncontro Ecumenico e Interreligioso presso l’Hun Theatre nella capitale della Mongolia (Foto Vatican Media/SIR)

Uno scatto fotografico immortala la prima visita di un Papa in Mongolia. Una Chiesa intera, missionari, catechisti, religiosi, suore salesiane, missionarie della Carità e fedeli, racchiusa in un’unica fotografia attorno al Papa.
È noto l’amore per le periferie da parte del Papa. Questa addirittura non è solo periferia del mondo è anche una porzione minuscola di Chiesa con i suoi 1.500 fedeli immersi in un popolo di circa tre milioni e mezzo di persone.
I viaggi apostolici di Francesco ormai hanno toccato ogni parte del mondo e lo hanno portato anche in posti dimenticati da tutti. Dappertutto il Papa è stato accolto da grandi folle, anche negli Stati con presenze diverse dal cattolicesimo.
In Mongolia, dove il 53% della popolazione è di religione buddista e il 38% si dichiara ateo, e dove si può immaginare che pochi siano a conoscenza di chi sia un papa, si sapeva che non ci sarebbero state grandi folle, ma ci sarebbe stato quel minuscolo gregge che compone una Chiesa nata dopo la caduta della cortina di ferro, in un Paese che sta imparando a vivere in democrazia racchiuso tra i due colossi Russia e Cina.
È una Chiesa molto giovane, minuscola, ma è una Chiesa che nella sua piccolezza ha un vescovo che è pure cardinale, Giorgio Marengo. Come sempre, il Papa oltre alle autorità civili, ha incontrato i rappresentanti delle varie religioni, i sacerdoti, religiosi, religiose, i catechisti, ma soprattutto il piccolo gregge che segna la presenza del vangelo in una terra piuttosto arida di risultati.

Papa Francesco all’ncontro Ecumenico e Interreligioso nell’Hun Theatre (Foto Vatican Media/SIR)

Per questo l’incoraggiamento: “Fratelli, sorelle, non abbiate paura dei numeri esigui, dei successi che tardano, della rilevanza che non appare. Non è questa la strada di Dio”. Si tratta di una comunità viva e impegnata nei servizi alle persone e nel sociale e l’inaugurazione della Casa della Misericordia è un nuovo passo che si propone come punto di riferimento per una molteplicità di interventi caritativi; un porto sicuro dove poter trovare ascolto e comprensione.
Il Papa sottolinea: “Mi piace molto il nome che avete voluto darle: Casa della Misericordia. In queste due parole c’è la definizione della Chiesa, chiamata a essere dimora accogliente dove tutti possono sperimentare un amore superiore, che smuove e commuove il cuore”. Francesco ha anche ricordato che “il vero progresso delle nazioni non si misura sulla ricchezza economica e tanto meno su quanto investono nell’illusoria potenza degli armamenti, ma sulla capacità di provvedere alla salute, all’educazione e alla crescita integrale della gente”.

Papa Francesco celebra la Santa Messa nella Steppe Arena. Con lui il vescovo emerito di Hong Kong, cardinale Tong, e il nuovo vescovo Chow (Foto Vatican Media/SIR)

Non sono mancati i richiami alla solidarietà, al dialogo, alla pace, come non sono mancati segnali rivolti alla Cina. Già nel primo incontro con le autorità e il corpo diplomatico nel Palazzo di Stato, Papa Francesco, si è presentato come “pellegrino di amicizia” ed ha auspicato: “Voglia il Cielo che sulla terra, devastata da troppi conflitti, si ricreino anche oggi, nel rispetto delle leggi internazionali, le condizioni di quella che un tempo fu la pax mongolica, cioè l’assenza di conflitti. Come dice un vostro proverbio, ‘le nuvole passano, il cielo resta’: passino le nuvole oscure della guerra, vengano spazzate via dalla volontà ferma di una fraternità universale in cui le tensioni siano risolte sulla base dell’incontro e del dialogo”.
E nello stesso giorno, in cattedrale, ai vescovi e ai sacerdoti ricordava: “I governi e le istituzioni secolari non hanno nulla da temere dall’azione evangelizzatrice della Chiesa, perché essa non ha un’agenda politica da portare avanti, ma conosce solo la forza umile della grazia di Dio e di una Parola di misericordia e di verità, capace di promuovere il bene di tutti”.
E il bene di tutti ritorna con forza nell’incontro ecumenico e interreligioso: “Il nostro comportamento è chiamato a confermare nei fatti gli insegnamenti che professiamo; non può contraddirli, diventando motivo di scandalo. Nessuna confusione dunque tra credo e violenza, tra sacralità e imposizione, tra percorso religioso e settarismo”.
E ancora un appello per la pace: “Se chi ha la responsabilità delle nazioni scegliesse la strada dell’incontro e del dialogo con gli altri, contribuirebbe in maniera determinante alla fine dei conflitti che continuano ad arrecare sofferenza a tanti popoli”.
Al termine della Messa conclusiva ancora una volta è uscito dagli schemi. Facendo avvicinare a sé, John Tong Hon e Stephen Chow, l’emerito e l’attuale vescovo di Hong Kong – quest’ultimo cardinale designato, che riceverà la porpora nel Concistoro del prossimo 30 settembre – ha rivolto “un caloroso saluto al nobile popolo cinese”. E ha continuato: “A tutto il popolo auguro il meglio, e andare avanti, progredire sempre! E ai cattolici cinesi chiedo di essere buoni cristiani e buoni cittadini”.
Il dialogo, seppur faticoso, continua e il viaggio del card Zuppi in Cina è stato un altro tassello.