
La consegna ufficiale nella terza delle Notti dell’Archeologia ad Aulla. Trovato casualmente nel greto del fiume Magra da un pellegrino. Proveniente dalla Abbazia, è stato datato all’XI secolo
Da qualche giorno l’invidiabile collezione del Museo della Abbazia di San Caprasio si è arricchita di un pezzo davvero speciale: si tratta del capitello medievale trovato per caso nel greto del fiume Magra dal pellegrino Marco Vignaroli mentre era in cerca di un po’ di refrigerio dopo l’impegnativa tappa lungo la via Francigena che da Pontremoli arriva proprio ad Aulla.
Era il 5 giugno e un mese dopo il reperto in marmo bianco faceva già bella mostra di sé negli spazi dell’antica abbazia. Dopo la consegna ai Carabinieri e il restauro presso i laboratori della Soprintendenza, il capitello è stato infatti consegnato ufficialmente al Museo il 7 luglio, in occasione della terza e ultima serata delle “Notti dell’Archeologia”.
Un’occasione davvero particolare, che ha richiamato un pubblico numeroso e desideroso di saperne di più su un oggetto proveniente quasi certamente dall’abbazia di San Caprasio e finito nel fiume Magra proprio di fronte ad essa in circostanze difficili da ricostruire.
Forse tra le pietre dei crolli causati dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, forse in precedenza. Sta di fatto che i contorni della vicenda del ritrovamento sono emblematici di quanto dovrebbe accadere in questi casi.
Lo ha sottolineato nella serata aullese il capitano Claudio Mauti, comandante il Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Firenze: “un cittadino ha trovato un bene e lo ha immediatamente consegnato alle autorità”.
I trecento Carabinieri che compongono il Nucleo sono impegnati ogni giorno, presenti in tutti i capoluoghi regionali, con una banca dati con 6 milioni di files relativi a beni culturali sottratti al patrimonio pubblico italiano.
Per la Soprintendenza era presente la funzionaria Marta Colombo che ha sottolineato il breve tempo intercorso fra il ritrovamento del capitello e la sua consegna al Museo dove è ora custodito nel percorso espositivo al centro della sala capitolare.
Assente colui che lo ha rinvenuto: Vignaroli in un messaggio ha scritto di aver avuto l’impressione che il capitello dell’Abbazia sia andato da lui, pellegrino lungo la Francigena.
È toccato, infine, all’archeologo dell’ISCUM Enrico Giannichedda descrivere il reperto, proveniente da un edificio come quello dell’Abbazia di San Caprasio le cui origini si perdono nell’VIII secolo, epoca alla quale risalirebbe la prima costruzione e si sviluppano in una lunga serie di ampliamenti e ristrutturazioni, prima fra tutte quella della fondazione dell’abbazia e del monastero da parte di Adalberto di Toscana nell’884.

Il capitello in marmo, realizzato probabilmente nell’XI secolo, è in realtà un frammento di discrete dimensioni di un manufatto più grande.
Sulle due facce sono raffigurazioni interessanti: da un lato due animali contrapposti, felini con lunghe code, mentre dall’altro è un bel tralcio, dallo sviluppo articolato, tipico dell’epoca e in buone condizioni di conservazione che, a giudizio dell’archeologo, testimonia come non sia stato trascinato dalle acque del fiume vista l’assenza di spigoli arrotondati.
Alla base si può notare come i rami del tralcio escano dalle bocche di altri due animali. Particolarmente soddisfatto il direttore del Museo, Riccardo Boggi, che anche quest’anno ha proposto ad un pubblico davvero attento un programma di appuntamenti di notevole interesse.
La serata si è conclusa con un brindisi di saluto a base di China Clementi, offerta dall’antica farmacia fivizzanese. Anche questa è diventata una apprezzata tradizione.
Paolo Bissoli