Una deriva che allontana dalla vita reale
Casal Palocco, Roma: peluche, fiori e bigliettini nel luogo in cui è morto Manuel Proietti. (Foto ANSA/SIR)

La morte del piccolo Manuel di appena cinque anni, avvenuta la scorsa settimana, a causa di un gravissimo incidente stradale a Casal Palocco, zona sud di Roma, non avrà dettagli atti a spiegare il dolore e la drammaticità di un atto scellerato causato dalla stupidità e dall’assenza totale di valori, ma sicuramente lascia una lunga scia di domande nel cuore di noi adulti.
Sappiamo che il ventenne alla guida di un potente suv Lamborghini, che le cronache dicono essere risultato positivo ai cannabinoidi, viaggiava con altri quattro amici, forse impegnati a documentare una sfida con video da pubblicare su You Tube, ha centrato la Smart Four sui cui viaggiavano la piccola vittima con la mamma e la sorellina. I cinque giovani facevano parte del gruppo “The Borderline”, costituito proprio per farsi seguire da altri giovani nello svolgimento di sfide assurde.
Ciò che è successo ha sconvolto l’Italia. Ma bisogna partire dalle cause a monte, che danno stura alle grosse problematiche che avvolgono in ragnatela – trappola numerosi giovani e giovanissimi. Una generazione sempre connessa, come dimostrato dal fatto che il 97% dei ragazzi usa il cellulare per navigare o chattare online.
La Rete offre grandi opportunità, ma i ragazzi devono essere educati a riconoscere i rischi e le brutture da cui difendersi. Purtroppo, i guai non risolti prima o poi presentano i conti. Ed è quello che è successo anche nel campo dell’educazione. La nostra è una deriva culturale, se intendiamo la cultura anche come complesso di testimonianze e stili di vita corretti da tramandare da una generazione all’altra.
Ci rendiamo conto che il nostro modo di agire è contrario alle leggi che dovrebbero stare alla base del comportamento umano. Le sole capaci di permettere una sana costruzione della vita. Anche le epoche precedenti avevano le loro zone d’ombra.
C’erano gli stacchi generazionali, le differenze, le divergenze… ma c’era anche la famiglia, nel bene e nelle difficoltà. C’erano il dissenso, il diverbio, la discussione… mentre il silenzio può essere più violento di una lite. C’erano i sentimenti, i legami veri, vera boa di salvataggio, mai totalmente spezzati da distacchi o fughe improvvisate.
Oggi i giovanissimi crescono nell’idea del “tutto e subito”, favoriti in ciò dalla società della competizione, del profitto facile, del protagonismo; dove la diffusione di un selfie è la principale modalità di comunicazione.
Spazzata via l’educazione dell’attesa, dello stupore, del senso del limite, della paura, non ci si può meravigliare se una intera generazione, nutrita da un sistema pseudo valoriale, passa all’incasso secondo schemi di mercato, ricercando il plauso dei like. La comunità educante tutta, a partire dalla famiglia, deve recuperare l’autorevolezza dei ruoli.
Non mediante la porta dell’esclusione, del permissivismo sterile, del narcisismo per l’avanzata sociale. Al contrario, è indispensabile un salto di qualità sul piano dei modelli comportamentali onde restituire ai ragazzi l’humus della buona formazione. Le scorciatoie, nell’educazione, falliscono. Sempre!

Ivana Fornesi