
Aperta nel 1994, era gestita da Ornella Tarantola, discendente di librai lunigianesi: “Costi troppo alti”


In questi giorni è apparsa sui maggiori quotidiani nazionali la notizia della chiusura dell’Italian Bookshop di Londra, la libreria nella capitale britannica dove si potevano comprare libri e riviste in italiano. La notizia in sé sembra di poca importanza visto che oggi sono molti i negozi che chiudono un po’ dappertutto e gli articoli a cinque o sei colonne o quanto meno a tutta pagina sembrerebbero ingiustificati. Ma, in effetti, i più importanti quotidiani nazionali, con questo articolo, intendono rimarcare come la Brexit stia facendo sparire l’importanza dell’Italia nella società britannica.
Non è da ora che stanno chiudendo a Londra molti fra i piccoli ristoranti italiani (e lunigianesi) e pare che anche la lingua italiana, che era la terza insegnata nelle scuole superiori, sia stata cancellata dai programmi scolastici. L’Italian Bookshop di Londra è stata aperta dalle Messaggerie nel 1994 in Cecil Court, una traversa di Charing Cross Road, in pieno centro della capitale britannica e gestita inizialmente dalla signora Flavia Gentili. Si era dimostrata subito utilissima come punto di riferimento per tutti coloro che erano interessati alla cultura del nostro paese: insegnanti di italiano, che qui si procuravano i libri, studenti dell’Erasmus, scrittori, artisti e intellettuali di ogni genere. Dopo alcuni cambiamenti di sede, dovuti al problema del costo degli affitti, da qualche tempo si era trasferita in Gloucester Road, a Kensington, il quartiere elegante dei musei conservando, anzi aumentando, la clientela e la fidelizzazione ottenuta negli anni grazie alla gestione della nuova manager che già dal 1995 aveva preso in mano le redini della lilbreria, la signora Ornella Tarantola.

Leggendo questo cognome ci siamo incuriositi, perché è tipicamente lunigianese e ci rimanda alla tradizione e alla storia dei librai cosiddetti “pontremolesi”, ma in effetti originari delle colline a cavallo dei comuni di Mulazzo e Tresana. Dopo qualche indagine abbiamo appurato che Ornella Tarantola è nata a Brescia, ma è discendente diretta di Alfredo Tarantola, nato nel 1898 a Catizzola (Tresana), emigrato a Milano nel 1920, dopo il servizio militare, per aiutare il fratello Ulisse che già gestiva una bancarella di libri e dove aveva fatto amicizia con Arnoldo Mondadori. Tarantola nel 1922 si era poi trasferito a Brescia per lavorare con i cugini Vannini, sempre di Catizzola, che avevano una avviata tipografia con annessa libreria. Alfredo Tarantola apre nel 1930 una sua libreria a Brescia ancora oggi esistente, come centro di cultura e caffè letterario, in pieno centro vicino a Piazza della Vittoria e Piazza della Loggia.

Nel corso degli anni Ornella Tarantola è diventata un punto di spicco della cultura italiana a Londra, organizzando conferenze e presentazioni di libri diventate frequentatissime, corsi di italiano e incontri con scrittori italiani contemporanei divenuti ormai amici tant’è che uno di loro, Luca Bianchini, le ha dedicato un libro “Dimmi che credi al destino” (Mondadori, 2015) che non è altro che una sua biografia romanzata. Ultimamente Ornella Tarantola aveva anche una sua trasmissione radiofonica settimanale su Radio ONE London dove venivano presentate le ultime novità bibliografiche dell’Italian Bookshop.
A Ornella Tarantola viene riconosciuto di aver fatto, per la cultura italiana a Londra, quanto la società Dante Alighieri e l’Istituto Italiano di Cultura. Purtroppo, oltre gli aumenti dei costi doganali e delle spedizioni dall’Italia causati dalla Brexit, ci si è messo anche anche il lockdown a causa del Covid che ha indotto molti potenziali clienti a ordinare libri attraverso i canali on-line. “La libreria toccava i cuori, eravamo una comunità – dice Ornella Tarantola nelle varie interviste rilasciate – ma i costi sono diventati ingestibili”. E così la chiusura è stata inevitabile. Ora se ne sta occupando l’Ambasciata italiana, visto che gli italiani residenti ufficialmente a Londra sono oltre 350mila (e forse anche di più). Si spera di poter ridare un punto di riferimento a tutti loro. Speriamo, intanto incrociamo le dita.
Pier Luigi Simonini