

Sembrava che i rapporti tra Francia e Italia volgessero verso il sereno quando, improvviso, è scoppiato il temporale. A causarlo è stato il ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin, che ha definito Giorgia Meloni “incapace di risolvere i problemi migratori sui quali è stata eletta”.
Tutto il fronte politico italiano, maggioranza e opposizione, ha giustamente alzato la voce, definendo la sortita una intrusione inaccettabile. L’incidente diplomatico ha, così, fatto passare in secondo piano la conversione in legge del Decreto Cutro, che inasprisce non poco la già difficili procedure di “accoglienza” di profughi e rifugiati.
La definizione della nuova legge ha registrato forzature e integrazioni in corso d’opera, come il ripristino della cornice dei diritti umani e del rispetto dei trattati internazionali non inseriti inizialmente per volontà della Lega. L’ultima discussione ha riguardato l’articolo che riduce di molto la possibilità di accedere alla protezione speciale. Per evitare “trappole” il governo ha posto la fiducia.
Si favoriscono i flussi per motivi di lavoro (non è una novità); si aumentano – fino a 30 anni di reclusione – le pene per gli scafisti, con l’impegno di dare loro la caccia anche all’estero. A preoccupare è l’estensione della possibilità di trattenere le persone nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR), usati per l’identificazione dei profughi e per respingere dal territorio italiano i “migranti irregolari”, praticamente la gran parte di coloro che sbarcano sulle coste italiane.
Di fatto, viene resa quasi impossibile la protezione speciale che finora ha permesso a persone irregolarmente presenti sul territorio di poter sanare la propria posizione. Impedire che i permessi di soggiorno per protezione speciale, cure mediche e calamità possano essere convertiti in permessi di lavoro produrrà un aumento dei clandestini, con tutte le conseguenze per i migranti e per la società.
“Si rischia di tornare ad alimentare l’irregolarità e la ricattabilità di molti, di lasciare senza tutela quelle persone che provengono da situazioni di conflitto non conclamate, le vittime di violenze, anche di genere, quanti sono gravemente malati o in fuga da disastri ambientali” dice il direttore di Caritas Italiana.
E aggiunge: “È ormai a tutti chiaro che quello migratorio è un fenomeno che non va affrontato con la logica dell’emergenza. È necessario gestirlo in termini strutturali, nella prospettiva del bene comune, capaci di guardare oltre i confini nazionali, anche con azioni congiunte a livello europeo (pur senza che l’Europa divenga un alibi per i singoli Paesi)”.
Ma si tratta di progetti a lunga scadenza e sarà necessario sul serio aiutare i Paesi poveri a risolvere i loro problemi interni. Non si fa alimentando il mercato delle armi o continuando a sfruttarne le risorse.
Giovanni Barbieri