Quei difficili sette giorni a Parigi

Romanzo di Italo Forfori

Questo libro, Svijeszda. Sette giorni a Parigi del nostro conterraneo Italo Forfori, è un appassionante triller di fantapolitica: virus costruiti in laboratorio, armi batteriologiche, CIA, centri di potere, complotto internazionale; non possono quindi mancare investigatori, hacker, personale dell’Onu, scienziati, ricatti, fughe. Su questo sfondo si intrecciano le storie di diversi personaggi, ognuno con la sua carica umana, alla ricerca di soluzioni per un affare molto complesso.
Storie di amicizie, di incontri, di vicende inaspettate, di amori; amori fugaci o impossibili, che durano per sempre o che si esauriscono in un amplesso. Dominano figure di donne dal sorriso leggiadro, il carattere forte e un buon profumo. Fra tutte, brilla quella di una ragazza moldava con la sua storia di amore e di dolore, simbolo di tante donne vittime di violenza.
A Parigi l’aria è magica: si percorrono i suoi boulevard, il lungo Senna; si sosta nelle piazze, al teatro dell’Opéra, al Louvre; si degustano menù caratteristici e ricercati. Nasce il desiderio di poterla davvero visitare. Continui sono i richiami: letterari, storici, epici, geografici; ma sono soprattutto quelli scientifici a colpire, in quanto curati nei dettagli, prova di uno studio in merito davvero meticoloso.
Leggendo le prime pagine del libro si ha la sensazione di una qualche pesantezza del testo, ma tutto svanisce se ci si lascia trasportare da una storia che avvince piacevolmente. Il sipario si apre su tutto il mondo e ci viene ricordata la gravità di fatti vissuti: l’ingerenza Usa nei governi del Centro America, la guerra in Iraq con le sue falsità, i desaparecidos, l’ombrello satellitare in grado di controllarci, la Cina col suo diventare problema per le economie occidentali.
Una occasione per riflettere sulla guerra con le sue atrocità ed inutilità, sull’informazione che ci arriva con le sue storture, sulla democrazia e il nostro essere cittadini. Anche se il racconto delle vicende appare a volte un po’ forzato, il finale del libro ridimensiona il tutto, con le pagine dedicate a quello che diventa il vero protagonista.
Jack arriva a Parigi dalle Ande dove lavora a “guardar le stelle”, le stelle ruotano nel cielo come il mondo gira sullo sfondo di dolore e di bellezza dell’umanità. Jack è indubbiamente un tipo particolare: le sue passioni, i suoi amori, la sua intelligenza, il suo sapersi mettere in gioco lo rendono difficile da comprendere, forse anche a se stesso. Lungo la sua storia, attraversata da vicende anche incoerenti e discutibili, scorre un filo carico di umanità: quanto può essere difficile razionalmente compiere atti di tale generosità.
Guardando a lui, al suo lasciarsi condurre fino al termine di questo percorso, non si può che desiderare di abbracciarlo. Viene spontaneo alzare lo sguardo alle luci del cielo, dove la mente si perde, e insieme alle stelle si vedono i mille volti dell’uomo con le sue angosce e le sue meraviglie… si intravede la luce di chi ha amato.

(E. B.)