Benessere: i giovani e le donne restano ancora i più penalizzati

Rapporto Bes-Istat 2022: aumentano le disuguaglianze tra i territori e le persone

L’Istat ha presentato nei giorni scorsi il Rapporto Bes (Benessere equo e sostenibile) 2022, rilevato in base a 152 indicatori, raggruppati in 12 categorie: Salute; Istruzione e formazione; Lavoro e conciliazione tempi di vita; Benessere economico; Relazioni sociali; Politica e istituzioni; Sicurezza; Benessere soggettivo; Paesaggio e patrimonio culturale; Ambiente; Innovazione, ricerca e creatività; Qualità dei servizi. Il Rapporto di quest’anno era particolarmente atteso in quanto i confronti sono stati fatti soprattutto riguardo alle trasformazioni avvenute nel nostro Paese rispetto al 2019, considerato come punto di riferimento di una situazione “normale”, essendo ancora immune dai danni recati all’economia e alla civile convivenza dalla pandemia causata dal Covid-19.
Questo tipo di ricerca, varato per la prima volta nel 2013, ha assunto nel corso degli anni un peso sempre più significativo, essendo cresciuta la consapevolezza del fatto che non possa essere solo il Pil (Prodotto interno lordo) l’unico sistema di valutazione dello stato di salute di una società.
Un esempio è dato dal progressivo inserimento del monitoraggio di sempre nuovi fenomeni, come il senso di democrazia, esaminato nel capitolo Politica e istituzioni, o la soddisfazione per il lavoro da casa, inclusa l’analisi dei vantaggi e svantaggi percepiti dai lavoratori, nel dominio Lavoro e conciliazione dei tempi di vita. Il documento, poi, è consegnato a chi ha il potere di indirizzare le politiche del Paese, poiché consente d’individuare i punti di forza o di debolezza su cui intervenire per garantire l’equa distribuzione dei livelli di benessere tra le diverse classi sociali e aree del territorio nazionale, anche in confronto con i livelli rilevati negli altri Stati europei.
I miglioramenti attesi per il 2022 – da tutti designato “anno della ripresa”, dopo i successi riportati sulla pandemia un po’ in tutto il mondo e grazie ai vari Piani nazionali di ripresa e resilienza (Pnrr) – sono andati in gran parte vanificati dall’invasione russa dell’Ucraina, che ha aggiunto incertezze a criticità di cui nessuno aveva bisogno. Nel contempo, si è ulteriormente aggravata la situazione ambientale, tra catastrofi naturali causate dalle intense precipitazioni e situazioni di siccità da record.
Come è facile immaginare, nei grafici del Rapporto si registrano alternanze di andamenti positivi e negativi. Se oltre la metà degli indicatori (soprattutto nelle categorie Sicurezza, Qualità dei servizi e Lavoro e conciliazione dei tempi di vita) ha registrato un miglioramento rispetto ai livelli del 2019, un terzo mostra invece un peggioramento e poco più del 10% rimane invariato. Immancabili e in parte aumentati i divari territoriali, anche marcati: a mano a mano che ci si sposta del Nord verso il Sud e le Isole, prevalgano indicatori con segno negativo rispetto al periodo precedente.
Stesse disparità a livello di fasce d’età: per gli adulti più della metà degli indicatori hanno registrato un miglioramento del benessere rispetto al periodo precedente la pandemia, mentre nei giovani sotto ai 24 anni a fronte di un 44% di miglioramento c’è una quota quasi equivalente (43%) che indica peggioramento.
Sbilanciati anche i dati disaggregati riguardanti il genere di appartenenza: per le donne si registra un miglioramento del 52,8% degli indicatori mentre gli uomini si fermano al 38,9%. Comunque, il 39% degli indicatori parla ancora di uno svantaggio per le donne, soprattutto per il tasso di occupazione, ancora tanto basso da vedere escluse quasi la metà queste dalla indipendenza economica. L’andamento più critico riguarda le categorie Relazioni sociali, Benessere soggettivo, Istruzione e formazione e Benessere economico.
La prima si colloca su livelli inferiori a quelli rilevati nel 2019 per cinque indicatori, dimostrando, così, che la ripresa non è stata sufficiente a colmare il calo registrato nei due anni di pandemia. È aumentata di dieci punti la percentuale di famiglie che reputa peggiorata la propria condizione economica; andamento analogo si registra per la quota di persone che dichiarano di arrivare a fine mese con grande difficoltà e che vivono in famiglie in una situazione di grave situazione abitativa.
Difficoltà si registrano anche per la categoria Salute. Negativo, in genere il raffronto con gli altri Paesi europei: nella maggior parte degli indicatori l’Italia registra una situazione di maggiori disagi. Tra questi spicca un dato molto sfavorevole riguardante i giovani che non studiano né sono occupati: sono il 19%, rispetto alla media Ue dell’11,7%. Più in generale il tasso di occupazione italiano è di dieci punti inferiore alla media europea. a.r.