
Il 29 marzo 1923 nasceva il Consorzio degli agricoltori utenti della nuova opera irrigua, progettata per superare le stagioni siccitose e garantire acqua alle campagne e forza motrice ai mulini
È cronaca di questi giorni il ritrovamento di alcuni resti in muratura nel cantiere stradale della rotonda di Caprigliola, probabilmente legati alla costruzione delle opere di presa idraulica del Canale Lunense. Il fatto riporta l’attenzione su quest’opera assai rilevante per il territorio della bassa Val di Magra, proprio nel centenario della formazione del Consorzio obbligatorio degli agricoltori utenti del Canale Lunense, emanato con Decreto Prefettizio il 29 marzo 1923. La costruzione di un’opera irrigua che consentisse il superamento delle stagioni siccitose, anche allora assai frequenti, era già in animo alla fine del secolo XVIII quando, da un lato, gli abitanti di Santo Stefano e, dall’altro, quelli di Sarzana, ciascuno per il proprio territorio, pensarono di derivare acqua dalla Magra, i primi, e dalla Calcandola, i secondi.
Si volevano superare i problemi legati alla sua mancanza, che bloccava, nei periodi estivi, la produzione di energia per le ruote dei mulini e creava seri disagi all’agricoltura. Queste vicende, propedeutiche alla realizzazione del canale, trovarono una sorta di codificazione il 9 settembre 1823, duecento anni fa, quando un Atto Consolare del sindaco di allora Nicolò Capitani, richiamando i rapporti degli ingegneri Barral, del 1794, e Buttori, del 1798, dichiarava che l’unica fonte che potesse garantire l’acqua continua a servizio dell’agricoltura, dell’industria e dei cittadini era il fiume Magra.
Un progetto dell’intera opera, che sarebbe stata realizzata a spese di un consorzio di proprietari, però si ebbe soltanto nel 1857, a firma dell’Ispettore del Genio Civile, cav. Giuseppe Bella, che fino al 1876 rielaborò e perfezionò la soluzione iniziale offrendo gratuitamente la direzione dei lavori dell’opera.
La presa d’acqua si collocava alla Bettola di Caprigliola ed era pensata come una diga di sbarramento di 140 metri che attraversava il fiume. Tuttavia, la prima pietra dei lavori del canale fu posta con una sobria cerimonia il 24 luglio 1881 ed i lavori si protrassero fino al 1887, come risulta da una relazione, datata al luglio di quell’anno e firmata dal direttore del consiglio amministrativo e direttivo del consorzio privato, avvocato Luigi Fiori, sindaco di Sarzana tra il 1876 ed il 1899.
Il 3 marzo 1895 l’assemblea degli azionisti pubblici e privati che sostenevano l’opera, sfiduciati ed indeboliti dai debiti, decisero di cedere la Società al signor Cherubino Binelli di Carrara che s’impegnava ad immettere l’acqua nel canale, entro tre anni, cosa che poi non avvenne generando un ulteriore allungamento dei tempi.
Bisogna attendere il 1922 quando il commissario prefettizio, Gen. Umberto Poggi, che resse il comune di Sarzana dal 15 luglio al 27 ottobre 1922, interessandosi della questione del canale, costruito e non funzionante, aveva chiesto ed ottenuto, il 29 marzo del 1923, il Decreto prefettizio che dichiarava “obbligatorio” il consorzio degli agricoltori utenti del canale Lunense e dei comuni vicini (2.790 iscritti) nel clima politico della schiacciante vittoria delle liste fasciste, al comune di Sarzana, nel maggio dello stesso anno.
Il nuovo Consiglio di Amministrazione, presieduto dal generale Adolfo Fiori, figlio del sindaco Luigi, intraprese fin dalla prima seduta trattative con gli eredi Binelli per il riscatto del canale che si conclusero il 17 gennaio 1926 con il pagamento di 850 mila lire. Fu apprestato un catasto delle proprietà interessate, predisposto un ufficio tecnico ed affidato il progetto di completamento delle opere all’ingegnere designato del consorzio, on. Cornelio Guerci, che lo presentò, insieme all’ingegner Gino Vigevani, il 10 ottobre dello stesso anno. Il progetto che prevedeva la derivazione delle acque alla Bettola di Caprigliola, mediante un impianto di sollevamento, fu variato predisponendo un’opera di presa più a nord, sotto il promontorio di Isola, dove il battente delle acque era costante.
A Sarzana il palazzo storico della sede del Consorzio di Bonifica
La sede del Consorzio di bonifica del Canale Lunense, situata in via Paci a Sarzana, non lontano dalla centrale Fiori nel campo detto di Scalabion, progettata dall’ingegner Vito Pacillo intorno al 1930. La costruzione fu appaltata all’impresa Saverio Parisi di Roma e realizzata in un anno per un importo di circa 650.000 lire.
La facciata si ispira ai temi del Quattrocento pisano, caratterizzati dal forte contrasto tra struttura portante e tamponamenti, declinati però in modo eclettico come denuncia il forte asse compositivo con il balcone al piano nobile, corrispondente alla scala interna. Domina il contrasto tra il tamponamento in mattoni rossi della fornace Filippi e la struttura portante intonacata in cemento con graniglia ad imitazione della pietra arenaria, realizzata dalla ditta Ansaldo Levrieri di Parma.
Le bifore utilizzano l’arco moresco, a ferro di cavallo, mentre le monofore sono a tutto sesto con incorniciatura superiore molto curate nel dettaglio, come gli stemmi dei comuni appartenenti al Consorzio disposti sulle paraste, o le mensole lignee, molto sporgenti, della copertura. Le decorazioni interne furono affidate al pittore spezzino Navarrino Navarrini (1892-1980). (R. G.)
La galleria di 1622 metri completava il canale costruito tra il 1881 ed il 1886, lungo 22,507 chilometri, fino alle acque del torrente Parmignola nell’attuale comune di Luni, a confine con il territorio di Carrara, con una pendenza costante di cm 28 per Km. Non fu realizzato il previsto collegamento con il torrente Carrione previsto dal progetto Bella.
Il progetto, appaltato all’impresa Parisi di Roma, a partire dal 25 maggio 1928 fu completato nel novembre dell’anno successivo realizzando una galleria che sottopassava sia la strada statale della Cisa sia la linea ferroviaria. Nel dicembre dello stesso anno 1929 terminarono i lavori delle due centrali, Generale Fiori e Giorgio Tognoni, destinate a produrre energia elettrica.
Furono costruite anche le reti minori per irrigare nel 1930 gran parte del comprensorio. Ho tracciato un quadro sintetico delle tappe che condussero alla realizzazione dell’opera, tralasciando i fatti che le collegano: discussioni, cause lunghissime tra comuni, disagi infiniti di persone, presenze carismatiche di sindaci, interventi di intellettuali, fatti politici che hanno coinvolto per circa un secolo gli abitanti dell’Agro sarzanese, così come lo definiva la retorica del Ventennio.
Le sofferenze hanno prodotto tuttavia un risultato ancora oggi apprezzabile, nella presenza discreta e continua delle acque, della vegetazione, dei pregevoli manufatti che s’incontrano lungo gli argini, oggi trasformati in ameno passeggio.
Roberto Ghelfi
Bibliografia
Giuseppe Meneghini, La vera storia del Canale Lunense, Res edizioni, Sarzana 2003;
Dino Biondi, Paolo Cresta, a cura di, Lungo il Canale Lunense una passeggiata nella campagna sarzanese, Sagep, Genova 1991