
Con gioia, pur conoscendone le maniere brusche e le folate impetuose la tramontana, il vento di provenienza boreale per eccellenza, dopo una lunga latitanza, è tornato a far sentire la sua voce veemente e ululante. Non è inverno senza le sue incursioni, perché la corrente d’aria che arriva dal NE dell’Europa, la si chiami pure localmente con i nomi più vari (bora in Friuli-Venezia Giulia, tramontana sull’Appennino dalla Liguria alla Toscana e alle altre regioni centrali, grecale più a sud), è quella che reca il freddo più intenso sulla nostra Penisola. Gli effetti possono essere diversi da regione a regione a seconda delle configurazioni bariche, ma non c’è dubbio che la sua assenza comporti un decorso assai mite della stagione. Benvenute, quindi, le sventagliate della settimana scorsa e suo tratto dominante.
La tardiva mossa ha reso la parte finale di gennaio più aderente ai canoni climatici conosciuti, irrimediabilmente mancati – eccetto rari cenni – fra dicembre e una buona metà del mese appena chiuso. Il 24, unico giorno di quelli in esame in cui il termometro è riuscito, a Pontremoli, a raggiungere i 10°C, il vento da Nord si è fatto meno freddo dopo aver accompagnato le precipitazioni terminate lunedì 23. La piccola escursione termica – dovuta all’agitazione atmosferica in tutte le località esposte – ha fatto sì che la sensazione prevalente fosse di freddo più vivo di giorno che non la notte, il mattino presto o la sera tardi.
Si noti, infatti, la differenza tra le escursioni termiche registrate a Pontremoli e a Villafranca: appare in tutta evidenza la situazione migliore del sito a quota più bassa, dove il vento si quieta la notte permettendo all’aria fredda di depositarsi e, al contempo, anche di stemperarsi durante le ore diurne grazie alla sua minore costanza: ne deriva un maggiore divario tra estremi termici. A Pontremoli, invece, fa freddo lungo tutto il dì. Qualora il vento si calmi nel fondovalle intero, come avvenuto lunedì 30, allora le temperature nei diversi siti sono molto più simili.
Con la tramontana chiara, generale, cioè al vënt d’l’Arpa, quello che ‘dura almeno tre giorni’ a detta dei nostri vecchi, le condizioni meteo sono decisamente più severe salendo di quota: il gradiente termico verticale comporta una diminuzione della temperatura tale che, partendo con aria già rigida a fondovalle, si arriva ai valichi appenninici sperimentando già una crudezza non indifferente; per non parlare, poi, del rigore degli alti crinali, magari ancora avvolti nelle nubi con ciò che ne consegue: un mix di vento tempestoso, cattiva visibilità, neve in atto e deposito di ghiaccio (calabrosa).
È quanto avvenuto sulle nostre montagne fino a sabato 28: la sferza del vento, unita a micro fiocchi trascinati giù fino a valle, ha caratterizzato la giornata prefestiva. Domenica 29, primo dei tre ‘giorni della merla’, ha mantenuto fede al detto proverbiale, pur con una ripresa delle temperature massime. Lunedì 30, altra storia e altro tipo di freddo: fermo, silenzioso e, a valle, con il calo delle temperature minima e massima per la nuvolosità intervenuta nel corso del dì dopo la notte gelida.
a cura di Maurizio Ratti, Mauro Olivieri e Giovan Battista Mazzoni