Silenzi che parlano, silenzi che vietano
Manifestazione di protesta per la morte in Iran di Mahsa Amini (foto ANSA/SIR)

In una settimana la cronaca dal mondo ha dato occasione di riflettere sul silenzio e le sue tante declinazioni comunicative. La squadra nazionale di calcio della Repubblica islamica dell’Iran è rimasta muta all’inizio della sua gara col Galles nei campionati mondiali in Qatar, non ha cantato l’inno nazionale, un rito diventato tradizione. L’ossimoro “silenzio eloquente” qui indica un urlo di protesta dei calciatori iraniani contro il potere assoluto e rigidamente conservatore degli iman islamici sciiti, che negano i diritti umani, considerano la donna come un attrezzo di casa per ogni incombenza ma non le riconoscono ruolo sociale e personalità giuridica, neppure la libertà di scegliere come vestirsi e come pettinarsi. Nasrin Sotoundeh ha un poco trasgredito, è stata arrestata ed è morta.
La sua tragedia ha infiammato il dissenso contro la tirannia del regime teocratico iraniano, le donne da mesi sono in piazza, gridano e portano magliette con la scritta “donne, vita, libertà”, la rivolta si sta trasformando in rivoluzione per la democrazia e anche gli uomini partecipano perché li riguarda pienamente. Il silenzio iniziale dei calciatori iraniani (purtroppo obbligati a cantare alla seconda partita, ma lo hanno fatto con evidente dissenso) ha espresso solidarietà alle donne eroine che resistono contro chi le arresta e le condanna a morte e considera un reato dire la verità: i numeri, da tenere sempre aggiornati, parlano di circa 15mila arresti e più di trecento vittime.
Altro silenzio eloquente è quello appena messo in atto dai cinesi scesi in piazza esibendo fogli bianchi per protestare contro le restrizioni di fronte a una nuova ondata pandemica, ma presto la protesta è diventata un’accusa contro il governo autocratico del presidente Xi Jinping che mira a garantirsi un potere a vita. Più della crescita economica i cinesi vogliono scrivere su quei fogli bianchi a grandi lettere la parola libertà che è legata alla democrazia, istituzione vitale della cultura dell’Occidente.
Anche il gesto della squadra della Germania di mettersi la mano sulla bocca ha voluto parlare contro il divieto della FIFA di mettere bracciali arcobaleno di denuncia contro l’omofobia. Silenzio nel suo significato etimologico è stare zitti, è mettere divieti e sanzioni: è quanto stanno facendo molti sistemi politici che esercitano poteri assoluti, senza vincoli di legge, di costituzione degli Stati. La censura è la pratica usata contro gli organi di informazione, i giornalisti vengono arrestati e anche uccisi, canali di tecnologia digitale oscurati o manipolati con spionaggio e falsità. Il silenzio imposto dai tanti regimi totalitari tornati fuori rende sempre più difficile avere informazione libera e corretta. Impedire con la censura la libertà di pensiero è di fatto usare un’arma di guerra per mantenere poteri e privilegi.
Tutti i cittadini hanno il dovere di esercitare senso critico col sonoro silenzio di protesta e di solidarietà e con l’opporsi ai divieti di parlare a difesa della dignità e libertà individuale e sociale.

Maria Luisa Simoncelli