Non accennano a diminuire le manifestazioni di protesta contro il regime di Teheran e di sostegno alle donne iraniane dopo l’incredibile episodio dell’uccisione, da parte della “polizia morale” – una squadra speciale di polizia incaricata di controllare l’applicazione pubblica delle norme islamiche sull’hijab -, di Mahsa Amini, 22 anni, arrestata e poi percossa fino alla morte perché i capelli le uscivano un po’ dal velo.
Le proteste sono diffuse ovunque nel mondo, a partire dallo stesso Iran, dove le manifestazioni sono occasione per nuovi arresti, maltrattamenti e uccisioni, ed anche in Italia. Migliaia di persone stanno manifestando la loro condanna di un regime che, stravolgendo ogni idea di rispetto per la libertà delle persone, in nome di una malintesa fedeltà a principi religiosi assurdi e in più inesistenti, fa pesare soprattutto sulle donne una forma di controllo e prevaricazione impossibili da giustificare.
È la conferma del fatto che uno Stato governato in spregio ad ogni forma di diritto alla libera espressione di idee o credo religiosi non può che divenire un enorme luogo di terrore dove anche un respiro giudicato più forte del normale può aprire le porte del carcere e, spesso, portare alla morte dell’accusato, meglio ancora se si tratta di un’accusata. Ecco, allora, che si possono costituire organi di polizia ai quali, per arrestare qualcuno, basta rifarsi a regole rigide e insensate, usate per privare le persone della libertà e della vita stessa. Sembra impossibile che tutto ciò possa avvenire, sia pure con forti dissensi all’interno dello stesso mondo islamico, nel nome di una idea di società, che si vorrebbe derivante da un credo religioso, nella quale la donna è relegata a ruolo di comparsa, del tutto asservita all’uomo come una schiava ad un padrone.
È il deliro di onnipotenza dal quale paiono contagiati tanti capi politici in diverse parti del mondo, convinti di poter modellare il loro Paese secondo il loro farneticante giudizio. Dati gli sviluppi di questi ultimi giorni, non si può non andare con il pensiero a quanto sta facendo e dicendo Putin, alle prese con la ricerca di una soluzione al difficile inghippo da lui stesso innescato. Rinchiuso in un isolamento che sta prendendo tutti i sintomi della paranoia, non si pone il problema morale di una minaccia nucleare che, non potendo i suoi effetti devastanti essere contenuti entro limiti territoriali, non risparmierebbe nessuno, nemmeno i suoi stessi concittadini.
Abbiamo già scritto di questo la scorsa settimana e non vogliamo ripeterci, ma le reazioni che un attacco nucleare – sia pure portato con quelle che ora vengono dette armi “leggere” – potrebbe innescare (oltre al grave problema delle distruzioni e delle radiazioni) porta a definire un tale gesto con un’unica espressione: folle. Il gesto in sé e chi lo dovesse compiere.

Antonio Ricci