

Le elezioni sono alle porte e la campagna elettorale sta arrivando alle sue conclusioni tra promesse, come sempre, e con qualche certezza. Il centrodestra, o meglio il destra-centro, visto che è prevista una forte affermazione della Meloni, ha tutti i favori del pronostico.
Anche se nei programmi dei partiti si fa riferimento a tutti gli ambiti della vita sociale del Paese, ci sono le diversità di vedute negli interventi per affrontare una situazione che si prospetta almeno preoccupante. Il caro bollette è diventato il simbolo di una emergenza sconosciuta, almeno negli ultimi decenni, col rischio di chiusura di fabbriche e perdita di posti di lavoro.
Si sta promettendo di tutto, senza specificare con quali soldi si potranno realizzare tali promesse. Ci sono dei temi dimenticati o appena sfiorati.
Quello degli investimenti per i mutamenti climatici, che pure stanno mettendo in ginocchio l’agricoltura e non solo. Neppure il dramma che ha sconvolto le Marche ha sensibilizzato più di tanto la campagna elettorale. Ci si accanisce sulla ricerca delle responsabilità, ed è giusto, ma non si pensa ad investimenti che proteggano l’ambiente. Il vero convitato di pietra, di cui nessuno parla, è il debito pubblico.
Nessun governo gode nel fare tagli di spesa e tutti sarebbero contenti di abbassare le tasse ma… Quando si ha un debito pubblico come quello italiano è difficile tenere a posto i conti. Nel 2022, l’anno in corso, l’Italia spende il 3,5% del suo prodotto interno lordo per interessi sul debito che ammonta a 2.770 miliardi di euro.
Gli interessi pagati nell’anno ammontano a 65,7 miliardi, oltre due leggi finanziarie. Si tratta dell’importo più elevato dell’Unione Europea, superiore a quello di Francia (37,2 miliardi) e di Spagna (26,9 miliardi) messe insieme. Non è proprio il caso di aumentarlo con scostamenti di bilancio (che aumentano il debito) né con promesse fantasmagoriche. Nella scelta dei nuovi governanti sarà bene tener conto anche di chi fa promesse serie e realizzabili.
Il frastagliamento a sinistra è evidente e mostra tutte le sue fragilità. Ma anche la compattezza del centrodestra non è così garantita. L’autonomia di Salvini non è gradita alla Meloni, come non le è gradito lo scostamento di bilancio. La Meloni, man mano che si avvicina il giorno delle urne, si è fatta più prudente, ha cercato di accreditarsi presso l’Europa come affidabile. Peccato che le sue “amicizie” internazionali (Orban, Le Pen ecc.) rischino di portare l’Italia lontana dai Paesi fondatori. La Meloni è stata capace di sfruttare al meglio la sua opposizione al governo.
Ancora una volta, dopo essersi affidati a Renzi, Salvini, Di Maio, gli italiani sembra vogliano affidarsi al “nuovo” (ma la Meloni è già stata ministro in un governo Berlusconi…). La speranza del centrosinistra è che la vittoria sia contenuta.
Giovanni Barbieri