
Nato a Parma nel 1889 cadde combattendo nel 1937

Nell’estate del 1922 Guido Picelli, leader degli Arditi del Popolo e mente militare delle Barricate di Parma, ha 33 anni. Apprendista orologiaio, da giovane insegue sogni d’artista: recita sui palcoscenici di provincia, gira l’Italia, partecipa a uno dei primi film del cinema muto italiano.
Allo scoppio della Grande guerra si arruola come volontario nella Croce Rossa ed è l’avere assistito a quello che definirà un “inutile massacro del proletariato” che lo spinge su posizioni socialiste.
Dopo la guerra si iscrive al corso ufficiali all’Accademia di Modena, convinto della necessità di acquisire tecniche militari per raggiungere lo scopo di una società più giusta. Tornato nella natia Parma fonda “Le Guardie rosse”, una formazione di autodifesa proletaria; arrestato per aver impedito la partenza di un treno militare, nella primavera del 1921 esce dal carcere per diventare deputato socialista, forte di ventimila preferenze che ne certificano la presa popolare. Poco incline all’elaborazione teorica, Picelli riesce tuttavia a coalizzare negli Arditi del Popolo socialisti, comunisti, anarchici, popolari e repubblicani e mette a disposizione la preparazione militare che decreterà il successo delle Barricate dell’1-6 agosto 1922.
Con il fascismo al potere Picelli prosegue la sua attività insurrezionale. Spiato ed arrestato, nel 1923 sfugge ad un agguato teso ad eliminarlo, con mandante Italo Balbo. Rieletto deputato nel 1924 con i comunisti, viene nuovamente arrestato nel 1926 insieme a tutti i maggiori leader antifascisti. Dopo cinque anni di confino e di galera nel 1932 fugge in Francia, poi in Belgio, infine a Mosca.
Troppo autonomo e idealista, non piace ai vertici sovietici. Scampato il gulag staliniano Picelli parte alla volta della Spagna per combattere i franchisti. Assume il comando di un battaglione e dopo i primi successi militari trova la morte in battaglia, il 5 gennaio 1937. Gli vengono tributati funerali di Stato e alle esequie di Barcellona partecipano più di centomila persone.
La vita dell’eroe delle barricate di Parma – così era scritto sulla sua lapide prima che i franchisti la facessero a pezzi – non cade però nell’oblio: Parma gli ha dedicato una piazza e da pochi anni un busto e nel 2011 il regista Giancarlo Bocchi ha girato su di lui il docufilm “Il ribelle”, distribuito a livello internazionale. Ma a rendere immortale il nome dell’antifascista parmigiano sarà soprattutto il “Battaglione Picelli”, la formazione partigiana legata alle Brigate Garibaldi di Parma che dall’autunno 1943, raccolta prima intorno a Fermo Ognibene “Alberto” poi a Dante Castellucci “Facio”, darà vita alla prima e più significativa esperienza resistenziale dell’Appennino Parmense e dell’Alta Lunigiana.
(d.t.)