Un cibo e una bevanda  che sono principio  di vita nuova

Domenica 19 giugno, l’omelia tenuta dal vescovo Mario Vaccari al pontificale del Corpus Domini in concattedrale a Pontremoli

Con la ripresa delle tradizionali forme di devozione legate al calendario liturgico, quest’anno in occasione della festività del Corpus Domini, al termine del pontificale celebrato nel tardo pomeriggio da mons. Vaccari in concattedrale a Pontremoli, la processione ha potuto percorrere le vie cittadine secondo il percorso “breve” da piazza Duomo a piazza Italia e ritorno. Non scontata la soddisfacente partecipazione di popolo e, soprattutto, delle confraternite cittadine, alle quali si è unita quella di Arzengio.
La spiritualità francescana ha fatto da tema di fondo dell’omelia del vescovo Mario, il quale ha ricordato che “la liturgia di questo Tempo ordinario dopo la Pentecoste” ci consente di comprendere che noi crediamo in un “Dio che ci ha risollevati dal peccato e ci ha redenti; Dio che ha iniziato un’opera di rinnovamento in noi; Dio unico in tre persone. Abbiamo sperimentato la potenza rinnovatrice dello Spirito Santo, che scende su di noi dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il Figlio viene adorato e glorificato… in questo grande mistero di un Dio che è relazione tra Padre, Figlio e Spirito Santo… Celebrare il mistero del Corpo di Cristo – poi – ci apre alla possibilità e alla certezza che quel Dio che è Spirito, che è invisibile, si fa visibilmente corpo del Signore e si spezza per noi come pane del cammino”.
Nella sua prima Ammonizione S. Francesco, facendo riferimento al Vangelo di Giovanni, ricorda che “Dio è spirito e nessuno ha mai visto Dio. Perciò non può essere visto che nello Spirito, poiché è lo Spirito che dà la vita; la carne non giova a nulla. Ma anche il Figlio, in ciò in cui è uguale al Padre, non è visto da alcuno in maniera diversa da come si vede il Padre né da come si vede lo Spirito Santo”.
Anche i discepoli che videro il Signore Gesù secondo l’umanità, dovettero non solo vedere ma anche credere, secondo lo “spirito e la divinità”, che egli è il vero Figlio di Dio. E così ora tutti quelli che vedono il sacramento, che viene santificato per mezzo delle parole del Signore sopra l’altare nelle mani del sacerdote, sotto le specie del pane e del vino, possono vedere e credere secondo “lo Spirito e la divinità”, che è veramente il santissimo corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo.
S. Francesco dice che ciò che non si può vedere con l’occhio del corpo può essere visto “con l’occhio interiore rischiarato dalla luce dello Spirito. È nella sua natura divina che l’uomo può ‘vedere’, cioè solo in forza della fede che nasce dallo Spirito”. Questo passaggio “devono compierlo i cristiani di ogni tempo di fronte al pane e al vino consacrato, sacramento dell’ininterrotta presenza in mezzo a loro del Verbo del Padre, Dio e uomo ‘vivo e vero’”.
“Facendo un ulteriore passo, così Francesco vede e crede in questa presenza: ‘Ecco… ogni giorno [Cristo] discende dal seno del Padre sull’altore nelle mani del sacerdote’ e come gli apostoli, anche noi, oggi, ‘vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che è il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero’. Vedeva, cioè, “nella presenza ‘reale’ di Gesù nelle specie consacrate del Pane e del Vino la discesa di Gesù nelle nostre vite, all’interno dei cuori di noi stessi che lo mangiamo e beviamo. “Un cibo e una bevanda che ci trasforma e in noi è principio di vita nuova”.
“Quanto conforto e quale speranza nel credere in un Dio buono che scende, si rende presente nella nostra realtà e si spezza in pane e si fa bevanda per sostenere il nostro cammino nella vita. Non un Dio lassù, impassibile, ma un Dio che si fa solidale alla storia degli uomini, alla nostra povera storia: anche se prendiamo vie storte che allontanano dalla piena comunione con Dio e con i fratelli, Lui ci segue, si umilia e si fa presenza di salvezza”. S. Francesco, nella Lettera a tutto l’Ordine, ci guida al passo conclusivo. “Tutta l’umanità trepidi, l’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, è presente Cristo, il Figlio del Dio vivo… O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, si umili a tal punto da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane! Umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati”.
“Trasformati dal Corpo e Sangue di Gesù, che avremo mangiato e bevuto, conclude il Vescovo, siamo trasformati in lui e non possiamo non metterci sul suo cammino di discesa e di povertà a servizio dei fratelli. ‘Date loro voi stessi da mangiare’, ci ricorda oggi Gesù nel Vangelo di Luca: cioè ripetete i miei gesti nella vostra vita, ascoltate i bisogni dei fratelli, date e ponete in comune quel poco che avete e mettetelo nelle mani del Dio Altissimo che, come creatore e Signore del Cielo e della Terra, saprà moltiplicare i beni per dare a ciascuno secondo il suo bisogno”.

(a. r.)